Il fedele blog Bioetica mi propone sempre temi profondi e interessanti di riflessione... Mi spiace unicamente di non avere il tempo (e spesso, ahimé, nemmeno la voglia) di aggiornarmi su tutto e di riportare i miei "aggiornamenti".
Se c'è una cosa (almeno una!) che mi ha dato il corso di Laurea che frequento da 4 anni è l'attitudine mentale a sentire il fascino di confrontarsi con realtà diverse, o con situazioni diverse, di guardare da nuovi punti di vista situazioni consuete, di affrontare argomenti mai messi in discussione, analizzarli, vederne le origini, confessarsi i propri errori, le proprie debolezze, il perché del proprio agire. Di qui a cambiare concretamente, ad incidere profondamente sul mio comportamento, come qualcuno che conosco e che forse mi leggerà sa bene
, c'è un mare (come si dice? tra il dire e il fare...), ma lo stupore continuo dell'analizzare, dello scavare e dell'analizzarmi è una conquista di cui cerco di andare fiera.
E quest'articolo qua, che stasera voglio proporvi senza tanti fronzoli o commenti (miei), fa pensare. Fa riflettere. Ci fa indugiare sul senso che attribuiamo ai termini, sul modo in cui li usiamo. Spesso usiamo delle espressioni senza soffermarci sul loro significato, senza accorgerci quanto sono impregnate di pregiudizi, o di concezioni passate che le hanno, in un certo senso permeate.
La filosofa (e per lei, al contrario che per me, è un termine che si può usare a ragion veduta!
) Roberta De Monticelli ha pubblicato il 22 agosto 2009 un articolo molto interessante su "Repubblica": alla base della sua elaborazione sta un articolo del 14 agosto («
Le ragioni di Bendetto XVI su ateismo e nichilismo»), pubblicato sempre su "Repubblica" da
Vito Mancuso (teologo ed ex prete).
L'articolo di Mancuso era dettato a sua volta da un intervento precedente, quello di Adriano Sofri che confutava l'equiparazione fatta dal Papa tra nazismo, nichilismo contemporaneo e umanesimo ateo. Come vedete, ogni opinione nasce da una antica... tranne quella del Papa, ovviamente, che ci delizia sempre con i suoi interventi illuminanti.... e qui taccio per non svelar troppo la mia reale natura anticlericale, perché so che potrei offendere dei lettori, e non è questo quello che voglio, come non voglio inculcare i miei (pre)giudizi contro l'istituzione vaticana...
Mancuso in parte da' ragione al Papa, poiché equipara nichilismo (da lui definito come negazione di un fondamento eterno e razionale della natura e della storia, cioé un punto fermo cui il singolo deve sottomettere il proprio agire e il proprio pensare) ad umanesimo ateo, che in quanto tale nega la presenza di un fondamento eterno e razionale conosciuto dai più col nome di Dio: l'etica nell'ottica di Mancuso (che, però, ricordo, è stato un prete... e quindi, in un certo senso, non può pensarla in altro modo), non può esistere senza un fondamento trascendente, senza il riconoscimento di un valore più grande del singolo tale da permettere all'individuo di superare sé (di trascendersi, quindi) e la sua ottica egocentrica.
Nel suo articolo, «
I valori condivisi dell’umanesimo ateo», 22 agosto 2009, pp. 40-41, De Monticelli polemizza (e a ragione, secondo me) con la posizione assunta da Mancuso e, come Mancuso, si chiede:
Può un umanesimo ateo non essere nichilista da un putno di vista etico?
"Può un umanesimo ateo non essere nichilista da un punto di vista etico?
Il problema, sollevato dal Pontefice, e ripreso con opposte posizioni da Adriano Sofri e Vito Mancuso è cruciale: non solo in metafisica e morale, ma nella coscienza contemporanea e segnatamente in quella italiana nel momento attuale, divisa com’è fra la constatazione che non ci sono limiti all’arbitrio e all’impunità dove il potere non osserva le regole e la speranza di un rinnovamento morale e civile: che passerà però in primo luogo nella mente e nel cuore degli individui o non verrà mai più. Per questo mi permetto di esporre le ragioni per cui credo si debba dissentire questa volta dalla tesi di Vito Mancuso, il teologo che di questa speranza di rinnovamento è oggi parte viva e grande.
La questione è cruciale perché porsela equivale a chiedersi se un’etica laica sia o non sia possibile. Definisco i termini. Per etica intendo la consapevolezza di ciò che è dovuto da ciascuno a tutti, in ciascuna data circostanza. Per etica laica intendo l’etica in quanto vale indipendentemente dall’ipotesi che un Dio ci sia, e in quanto è accessibile e praticabile indipendentemente da ogni credenza relativa a Dio. La tesi fondamentale di un’etica laica dice dunque che la consapevolezza del mio dovere in ogni circostanza data è accessibile (con la stessa fatica, tormento o certezza) a chiunque, credente, diversamente credente, indifferente, non indifferente o ateo. Mancuso ritiene che questa tesi sia falsa - che cioè l’indubbia esistenza di atei di altissima sensibilità morale (o viceversa di uomini di religione che ne sono privi) dimostra soltanto che quei supposti atei tali non sono (e sbagliano a credersi tali), e quei supposti religiosi neppure. Questa volta a me pare che si debba dissentire da Mancuso, e dalla quasi totalità dei filosofi continentali, che lo seguirebbero senza esitazione nella critica dell”antropocentrismo” umanesimo moderno.
La tesi che l’ateismo è infine nichilismo morale non solo è, io credo, falsa, ma è anche una ferita profonda inferta a tutti gli uomini di buona volontà che hanno dedicato la vita intera alla ricerca del vero - nelle scienze o nelle cose umane – e non hanno trovato nulla degno del nome di Dio.
Vito, non puoi esigere che chiamiamo Dio la dimensione “spirituale” della vita, l’amore o la relazione ordinata da cui veniamo. Nulla è più segreto, gratuito e geloso del nome di Dio sulle labbra di un uomo, nulla è più sacro della libertà di rifiutare al bene della vita questo nome, così come di pronunciarlo. L’assoluto rispetto intellettuale, oltre che morale, della libertà di fede è dovuto a ciascuno. Questa è, io credo, una proposizione dell’etica. E dico libertà di fede includendovi l’ateismo, dato che per le posizioni metafisiche ultime (se cioè il mondo naturale necessiti di un fondamento ulteriore a se stesso, o no) non esiste dimostrazione. Ed ecco l’argomento a difesa della tesi che l’umanesimo ateo non implica necessariamente il nichilismo morale. Risale a Platone, a quel suo dialogo che libera l’etica dalla religione. Sostenere che ateismo implica nichilismo è sostenere che se Dio non c’è tutto è permesso. Ma questa tesi è vera solo se, nel dilemma di Eutifrone, è vero uno dei due corni dell’alternativa: il bene è bene perché Dio lo vuole. Solo in questo caso, evidentemente, se Dio non c’è, “tutto è permesso”. Non c’è una differenza fra il bene e il male. Allora, “bene” è ciò che di volta in volta gli uomini decidono che sia - e chi ha il potere lo decide per gli altri, e a chi vi si oppone non resta che appellarsi a se stesso. Questo è il volontarismo, la tesi cioè che non c’è verità e falsità nelle questioni di valore, ma solo le volontà (e il loro conflitto). Ma naturalmente può invece essere vera la tesi alternativa del dilemma: che, semmai, Dio vuole il bene perché è bene. In questo caso, anche se Dio non c’è, il bene resta bene, il male male. E nelle cose umane stesse che ci sono qualità positive e negative. Ripagare con cariche pubbliche favori privati è male. Ogni forma di mafiosità dei comportamenti è un male. Ogni volta che ce ne sdegniamo, facciamo esperienza del bene e del male. Certo, un’interpretazione dell’umanesimo ateo che implica il nichilismo c’è, ed è precisamente quella volontaristica. Fu quella, ad esempio, di Sartre - ed è oggi la tragedia di quella cultura anche progressista e liberale che non riesce a liberarsi dal relativismo valoriale. Addio alla verità è il titolo dell’ultimo libro di un influente filosofo postmoderno e mi pare si commenti da se. Ma dovremmo forse decretare che non può esistere un ateismo compatibile con l’etica?
Questo sarebbe confondere l’ethos - che è lo stile di vita e la scala di valori, la vocazione e la fede, l’identità personale o morale di ciascuno - con l’etica, che è il dovuto da ciascuno a tutti. E il primo dovere etico qual è, se non quello di accordare all’ethos del mio simile ateo, purché si dimostri compatibile con l’etica, lo stesso rispetto che esigo per il mio? Non è questa una versione della regola aurea? In conclusione. O è solo una questione di parole, e basta chiamare “Dio” una relazione fra persone – ma allora il povero ateo moralmente cristallino dubiterà se deve considerarsi soltanto incoerente o anche sciocco, visto che non si era accorto che il divino fosse “tutto lì”; oppure, come io credo, non è affatto una questione di parole, perché ad essere in questione è la libertà e la gratuità (o la grazia) dell’atto con cui l’uomo di fede dona il suo assenso e la sua vita a ciò che nè la scienza chiede né l’etica comanda.
In questione è la liberta con cui il perplesso sospende questo assenso, e l’ateo lo rifiuta: la sacrosanta libertà di ciò che ognuno è o diviene – oltre e al di là di ciò che deve agli altri.
L’etica viene prima: perché di questo è condizione. Di questa libertà di fronte alle cose ultime, nella quale sta in definiva tutta la profondità e la serietà della nostra breve vita. Una società civile e giusta non è che la condizione perché questo umano lusso sia reso accessibile a ciascuno. Ma come costruirla se si mette l’etica dopo la fede, e quindi a questa liberta di ognuno, per cui l’etica è fatta, si tronca una delle vie possibili, senza la quale anche le altre perdono il loro senso?"
Dopo questa totalità di sapienza, di buon senso, di eloquenza, di citazioni (anch'io avevo pensato a Sartre, ma De Monticelli mi ha preceduta)
, l'unico dettaglio che, forse, posso aggiungere, è quello riguardante le radici biologico-evolutive dell'etica umana e la presenza negli animali superiori di componenti della moralità umana: tesi già sostenuta a suo tempo da Charles Darwin, che legava la socialità e gli istinti sociali allo sviluppo del senso morale negli animali umani. E questo slega decisamente l'etica (anche se non l'ethos di cui parla De Monticelli) da una considerazione di tipo trascendentale-spirituale.
Il mio intervento darwiniano-etologico chiude questa parentesi, che più che enunciare le mie opinioni (che presumo tuttavia trapelino con insistenza ), vuol forse porre, e porvi, se avete voglia di fermarvici a pensare, la stessa domanda che ha fatto nascere la discussione (di e tra Sofri, Mancuso, De Monticelli): è possibile un'umanesimo ateo?
Augurando a tutti una dolce notte,
un saluto grande e un abbraccio
Giulia