"Perché una realtà non ci fu data e non c'è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile"

(Luigi Pirandello)

venerdì 11 dicembre 2009

Pensiero pseudo-natalizio per un piatto di umili origini, la miascia e la versatilità più folle...

Anche a volerlo ignorare, mi si infila ovunque: su Internet, in televisione, alla radio, nei discorsi con la gente... e persino, sì lo ammetto, nei miei pensieri. Tranquilli, non sto parlando di Berlusconi... stavolta.
Ce ne sarebbero di cose da dire, ovviamente...  Sia chiaro, mica solo su di lui (anche se lui ne occuperebbe gran parte)... ma di una generale situazione dell'Italia, che coinvolge il governo, il Vaticano, la questione della RU486, una più generica volontà di negare la libertà, la possibilità di scegliere, di discernere, persino di capire (ma l'avete sentita quella pazzia proposta da Quagliarello, Bianconi e Gasparri di estendere la capacità giurica al concepito - qualunque cosa si possa intendere con questo termine- dichiarando la volontà di voler così TUTELARE la 194 sull'aborto? ma siamo matti?! estendere all'embrione, al nascituro, la stessa tutela morale del nato significare negare in sé la possibilità dell'aborto quale che sia... anche l'aborto spontaneo tra l'altro...  )

Ma non è di questo che voglio parlare oggi... sono piuttosto di buonumore, stranamente, e non voglio dovermi incupire.
Nell'incipit mi riferivo al Natale.
Come forse sapete meglio di me, la fatidica data si sta avvicinando, ed il suo martellante memento ci risuona nelle orecchie da un mese a questa parte. In sé non ho niente contro la festività natalizia... In quanto atea sono insensibile alla sua significazione religiosa, che pure credo sia essenziale, poiché è il 25 dicembre che è venuto alla luce Gesù, o meglio Cristo, su cui si fonda- lo dice anche il nome- la religione cristiana nel suo complesso.
Se Cristo non fosse nato - dato ex hypotesis che sia effettivamente esistito un tale (o più d'uno) che si faceva chiamare Gesù, o Cristo, e che se ne andava in giro a dichiarare di essere figlio di Dio e a far prediche encomiabili sulla fratellanza e l'amore - la religione cristiana non sarebbe mai esistita. Una disgrazia, forse. O forse una fortuna, per chi considera retrospettivamente tutte le stragi e le umiliazioni compiute in suo nome... anche se indubbiamente se non ci fosse stata la religione cristiana, qualche altra predica sarebbe stata trovata per servire da strumento del potere.
Io non ce l'ho con la predica cristiana, sia chiaro. Gesù ha detto cose meravigliosamente rivoluzionarie per i suoi tempi, parole che hanno sollevato per secoli i miserabili e i poveri, ciò che nessuno aveva mai detto (o promesso) loro. Che sia esistito o no, ha dato voce a valori straordinariamente umani, che non sono solo dote dei cristiani ma di ogni essere umano che obbedisce all'impulso empatico e simpatico che gli è proprio per natura. 
Ciò che critico è l'uso che è stato fatto della religione cristiana dagli altri uomini. A questo si deve la mia acidità. E questo mi da' fastidio del Natale, anche, oltre al fatto che è diventato una frettolosa e affannata rincorsa al consumo, all'acquisto, all'avere di più e a mostrare di più: il fatto che è un pretesto per gli uomini del Vaticano di dichiarare la specialità dei valori cristiani che in quanto tali sono universali, di parlare ipocritamente di umiltà, di povertà, di "dare al prossimo", quando loro tutto pensano meno che a questo, quando le banche Vaticane sono tra le più ricche del mondo! 
Mi da' fastidio un gran sentire parlare di solidarietà, di fratellanza, di uguaglianza, di amore, con così grande insistenza nel periodo di Natale... ma queste non sono cose ovvie?! Che dovremmo ricordarci sempre, ogni momento del nostro esistere? o che dovrebbero essere così scontate da non dover essere nemmeno ricordate...
Certo, direte voi, meglio ricordarle una volta l'anno che mai, e questo è vero.  Da piccola ho festeggiato il Natale, anch'io... certo... anche quando ho cominciato, verso i dieci/undici anni (il periodo in cui è cominciato il mio interrogarmi sulla morte, sulla divinità, sul mio rapporto con essa e con il mondo), ad avere dubbi di coerenza al riguardo, cominciando ad interrogarmi sulla correttezza che io, che mi dichiaravo atea, festeggiassi la festa cristiana per antonomasia. Ma prima questi dubbi non c'erano: mi piaceva l'aria natalizia, gli odori del Natale, mi piaceva che in quel periodo io (e quando era più grande, anche mia sorella) eravamo a casa da scuola e mio padre dal lavoro, adoravo addobbare l'albero con le più bizzarre decorazioni, mi piaceva fare il presepe e giocarci (me lo ricordo ancora, c'erano più pecore che persone!), adoravo la sorpresa della mattina di Natale anche quando ho capito che Babbo Natale non esisteva. Cantavo anche le canzoncine natalizie, credo di averle sapute quasi tutte... anche se da subito - almeno, da quando ho memoria- il contrasto tra le dichiarazioni in esse contenute (è Natale, non si soffre più) e la realtà effettiva, mi creava un certo disagio. Ma accettavo la licenza poetica e continuavo a cantare.
Crescendo il Natale ha perso di senso, come è svanita l'eccitazione del presepe, dell'albero di Natale, dei regali. Con l'inizio dell'università, poi, non è stato nemmeno più motivo di gioire per un periodo di assenza di impegni, perché è anzi in quel periodo che gli impegni si intensificano, in vista degli appelli di gennaio/febbraio.
La festa in sé è da anni che mi è del tutto indifferente, se non fosse per quelle facce del Vaticano che hanno sempre da sblaterare qualcosa... anche se a ben pensarci per una volta lo fanno a ragione, visto che è la loro festa questa, non la mia. 
E poi adesso ha assunto un odore nuovo... l'odore aspro e malinconico dell'anno che se ne va, con tutto quello che ha comportato, tutte le scoperte le novità i litigi i fallimenti i pentimenti i fallimenti... credo sia naturale fare un bilancio dell'anno che sta finendo. Forse sperare nel prossimo. 
E quando la bocca me la voglio addolcire, piuttosto che ripensare a quest'anno 2009 che si sta chiudendo - che di dolce ha avuto ben poco- preferisco tornare indietro... indietro... a quando il Natale era altro, era festa. Quello di cui parlavo sopra, la bellezza dei Natali dell'infanzia. 
Prima che arrivasse la dannata consapevolezza di sé, delle proprie convinzioni, idee, aspirazioni, prima che dovessi risponderne io di tutti i miei atti, e pagarmele totalmente le mie responsabilità...
Non dico che questo non sia un prezzo accettabili per acquisire quello che è, perdonatemi il termine, il "diventare grandi", o almeno il "provare a diventare grandi". Ma a volte vorrei tornare indietro, quando non avevo da rispondere completamente di ogni errore fatto, quando avevo meno pensieri, meno dubbi, meno responsabilità.
A quando ci credevo, un po', che magari all'inizio Natale era una festa per i poveri e gli umili, e non questa brutta mostra di consumismo che ogni festa è diventata. E in nome di un'umiltà decantata dalle più alte cariche ecclesiastiche che nei fatti la negano, vi propongo questa ricetta qua. 
Ha una genesi quasi ridicola. Quest'estate i miei genitori si sono fatti una bella vacanza di una decina di giorni, lasciando in casa me e mia sorella sole: sono stata padrona quasi indiscussa della cucina per tutto quel periodo . A un certo punto mi sono ritrovata di fronte ad una questione tragica di "avanzi": oltre a dell'uva che stava assumendo variazioni cromatiche inquietanti, mi si presentò il problema di come utilizzare tre pagnotte di pane pronte già da prima che i miei partissero e che io e mia sorella avevamo a malapena toccato (mi ero sbizzarrita con risotti, paste al forno e sfornato interessanti panini, e il pane "comune" era passato un po' in secondo piano ).
Potevo seguire la tradizione familiare per riciclare il pane: una sana pappa col pomodoro, oppure la classica panzanella. Ma in un impeto emancipazionista, volli essere un minimo originale: ho pensato anzitutto ad una torta salata di pane raffermo e pomodori ispiratami da Marsettina e che prima o poi - spero prima- vi proporrò (pur non essendo stagione di pomodori questa... ma l'ho archiviata da tanto nelle ricette da pubblicare, già corredata di foto); poi ho pensato che io e mia sorella non ce l'avremmo mica fatta a finirla tutta in pochi giorni e rischiava di non essere più buona e di doverla buttare ...  E spulciando su Internet ho trovato questa qua: una torta povera originaria della zona di Como, utile per riciclare il pane raffermo e la frutta non più freschissima. 

Ottimo per il mio pane e il grappolo d'uva decadente! Ho consultato tantissime ricette trovate qua e là su Internet, tanto che non so indicare una fonte precisa: l'idea e il nome della ricetta l'ho avuta però da FraGolosi. La mia ricetta, fin da subito, è stata diversa da quella (per poi subire ulteriori miglioramenti col passare del tempo e delle prove), ma è su FraGolosi che ho scoperto l'esistenza di una torta di pane raffermo e frutta che si chiama miascia.




Una ultima essenziale precisazione: la miascia è un dolce povero che serviva a riciclare il pane secco. Non c'è una versione ortodossa ed esatta, né una indicazione dogmatica riguardo alla frutta contenuta. Per dirla in maniera semplice, la gente ci metteva un po' quello che aveva in casa: la frutta di stagione disponibile, frutta secca, cioccolato, liquore... Io vi do' la versione che ho fatto io le prime volte, ma vi sto semplicemente suggerendo una base, un'idea, per usare il pane raffermo e della frutta non eccellente, qualunque essa sia.



Con questa ricetta partecipo alla raccolta di Vale Il pane secco... non si butta 


 




 Quel povero vecchino...

Sobbalzai...

           Ero io?...

Era Dio?... 

              Solo 
nel buio Sottopassaggio,
straziava il suo magro violino...
Per chiedere la carità?...

(D'un soldo?

                Di che altro?...

                                    Chissà. Forse
di un grano di pietà?)

(Giorgio Caproni: "Res Amissa")




Miascia





















Ingredienti (per una tortiera di 22 cm di diametro)
  • 300 g di pane raffermo
  • 500 ml di latte 
  • 2 uova (l'ultima volta non avevo uova in casa ed ho usato 2 cucchiai di fecola di patate mescolati con 2 cucchiai di acqua, seguendo un consiglio reperito su un sito vegano... è venuta ugualmente perfetta )
  • 2 cucchiai di farina bianca 
  • un cucchiaio di farina gialla 
  • il succo e la scorza grattugiata di un limone
  • 2 mele (oppure una mela e una pera)
  • un grappolo d'uva bianca 
  • un grappolo d'uva rossa 
  • 50 g di uvetta ammollata in un po' d'acqua tiepida
  • 50 g di zucchero
  •  un pizzico di sale
  • olio e rosmarino per guarnire
  • zucchero di canna per lo stampo  



Procedimento: Ammollate nel latte il pane tagliato a pezzettini per un paio d'ore (tempo indicativo ovviamente ).
Trascorso questo tempo, schiacciate il composto con le mani - oppure frullatelo, se preferite... io che mi sono convertita all'uso delle fruste per quanto riguarda le torte, preferisco per la miascia immergere le mani nel composto di pane-latte, evitando l'intervento della macchina-frullatore . Dovete ottenere una miscela piuttosto omogenea. Se vi viene qualcosa di troppo liquido filtratelo con un colapasta.
Amalgamate con un pizzico di sale.
Sbucciate e fate a pezzetti le mele (o la mela e la pera), unitele al composto e irrorate con il succo del limone.
Lavate gli acini d'uva, divideteli in due, togliete i semi e, se piace, divideteli ulteriormente. Poi uniteli al composto.
Aggiungete l'uvetta precedentemente ammollata e lo zucchero. Poi le farine e la scorza del limone.
Alla fine mettete le uova e mescolate delicatamente con un mestolo di legno.
Ungete una tortiera e spolverizzatela con lo zucchero di canna. Versatevi l'impasto, stendetelo uniformemente e passate sulla superficie un filo d'olio e qualche foglia di rosmarino (non tantissime, perché se in dosi eccessive il rosmarino da' un sapore amaro! ). Per finire spolverizzate con lo zucchero di canna.
Infornate in forno preriscaldato a 180° C per 50/60 minuti. Lasciate raffreddare prima di sformare.





















Dopo questo sano e formativo rimando alla tradizione e alle vecchie e salutari ricette di una volta
, vi saluto con calore augurandovi -nonostante tutte le riflessioni che ho fatto in premessa- una buona festività, sia che vogliate darle una veste religiosa che ne approfittiate solo per riposarvi e per stare più vicino, se potete, ai vostri cari.
Un abbraccio 




Giulia










8 commenti:

  1. sembra buonissima...uhm che fame ho.

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  2. Auguri per un sereno Natale!!!ciao

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  3. ihihih bellissima l'ultima foto del micio!! sai che l'impasto è praticamente lo stesso della torta paesana (torta "mica e lacch"=pane e latte)che si fa qui in brianza? pane raffermo ammollato una notte nel latte, strappato con le mani (fai bene!) aggiunta di cacao, zucchero, uvetta e pinoli, infornare. di una semplicità disarmante, eppure di una bontà impareggiabile.. proverò presto anche questa version senza cacao, adoro quella consistenza bagnaticcia lattiginosaaaaaaaa! buonissime feste anche a te Giu'!

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  4. Posso solo augurarti tante belle cose nella vita,
    e un nuovo anno pieno di entusiasmo...
    permettimi di non augurarti buon natale ;-)
    La penso più o meno come te!
    Ma che ricetta curiosa e deliziosa
    baci

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  5. Scusami quanti bei post mi ero perso!!!
    Ho appena letto il tuo commento e sono venuto subito a vedere.
    Mi metto subito di buona lena e leggo il resto delle puntate dal 2 Dicembre.
    Stasera poi commenterò.
    Ad una prima occhiata questo mi sembra semplicemente meraviglioso, come solo tu 8 e non scherzo) sai fare.
    Ti voglio pubblicamente fare un complimento anche per i tuoi lettori, hai un blog originalissimo e molto intelligente ed è stato davvero un peccato aver perso in questi giorni i tuoi scritti.
    Rinnovo qui gli auguri per un sereno e allegro natale.
    Ciao
    Kisses

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  6. Giulia, scrivi benissimo e condivido tutto quello che dici!
    Permettimi di farti notare che all'inizio di questo post, parli di "...di una generale situazione in Italia, che coinvolge il Governo; Vaticano..." VATICANO in Italia?
    I media "pilotati" fanno di tutto per indurci a credere che il Vaticano sia Italia, ma tu sei un essere pensante, non GENTE!
    Ovviamente la busta è a te ma la lettera è a chiunque capiti nel tuo interessantissimo Blog.
    Ti auguro un 2010 intenso e pieno di emozioni!!!
    Mimmo

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  7. Che razza di persona indecente che sono... rispondo con quasi un mese di ritardo a questi pochi, densi e graditissimi commenti :-(
    Cercate di capirmi, tra le festività e limpegno per la tesi non ce l'ho fatta a rispondervi... 8anche se sì, lo ammetto, il tempo per postare un'altra ricettuzza l'ho trovato...)

    @Nicole: Grazie cara :-) Io la trovo effettivamente buonissima, non è merito di Photoshop che ha reso la foto più allettante del reale ;-)
    Un abbraccio e buon anno

    @Emamama: Visto che ti scrivo l'8 gennaio ti auguro anche un buon anno ;-)

    @Patapata: Ciao cara! Che bello, mi fa davvero piacere sapere che una versione analoga la conosci anche tu... ma come adoro la versatilità di certe ricette! ;-) Quasi quasi, non appena ho un po' di pane secco provo la tua versione "di brianza"
    (qui da me in Toscana, invece, c'è l'usanza a riciclare il pane, questo sì, ma si usa poco per i dolci...)
    Buon anno e un abbraccio

    @pagnottella: Ciao! Ora è tardi per ritornare sul natale, è quasi tardi per parlare del nuovo anno (ormai siamo immersi da più di una settimana nel 2010)... ma non è mai tardi per apprezzare una tale sintonia di pensiero...
    Un abbraccione

    @logos nella nebbia: Apprezzo come sempre, con calore, con sentimento, con emozione, con intelletto (cioè con un sacco delle facoltà che abbiamo) i complimenti che mi fai... anche se poi non sei più tornato a commentarmi...
    Un abbraccione e auguri per un meraviglioso 2010

    @Anonimo: Grazie per gli apprezzamenti e per le tue parole. Comunque sbagli se credi che io creda (...) che il Vaticano è in Italia. Lo so, lo so bene, nonostante i media pilotati, che il Vaticano è un altro stato. Ma è un altro stato che non sa farsi i fatti suoi.
    E l'iTALIA è uno stato che da' troppo ascolto a questo staterello che ci sta dentro come un cancro duro da estirpare.
    Molti problemi dell'Italia sorgono, secondo me, dall'incapacità di far stare la fauna del Vaticano al loro posto, nel LORO stato, a dire le LORO cose ai LORO cittadini, all'incapacità anzitutto dei politici di far stare preti e papi al posto che loro spetta; oltre all'arroganza di questo Vaticano che ritiene di poter intervenire e deliberare attivamente su tutto ciò che succede in un altro paese (cioè l'italia).
    Un abbraccio Mimmo e un buon 2010 anche a te


    Giulia

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  8. Ti è venuta uno splendore... Grazie per avermela "linkata"! A breve pubblicherò anche la mia versione... la fecola al posto delle uova? può tornare utile quando si apre il frigo e.... sigh... sono finite le uova!!!!

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