"Perché una realtà non ci fu data e non c'è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile"

(Luigi Pirandello)

mercoledì 13 gennaio 2010

L'epifania le feste le porta via... e sulla scia di queste festività già sfumate infilo il ricordo di una tradizione nordica, i Pepparkakor (e i più maliziosi pensino pure all'Ikea...)

E chi se le ricorda già più, le vacanze... Il titolo me l'ero appuntato quando pronosticavo di postare la ricetta attorno al 6 o al 7 di gennaio, e ormai cambiarlo sarebbe quasi come "tradirla"; non so se vi è mai successo, ma a volte un titolo, un nome, una denominazione, sembrano fatte apposta per l'oggetto nominato, che sia un racconto, una poesia, il paragrafo di una tesi, o una ricetta...
Sono questi titoli che cerco, quando scrivo. Quelli che spero di cogliere, di
catturare, quelli che aspetto e che si adattano felicemente all'idea che ho di ciò che sto scrivendo. Sono al di là della mia capacità cosciente, a volte anche oltre di un mio sforzo mentale... sono ispirazioni che arrivano casualmente, che non posso sempre sperare di poter afferrare.
E così la mia ricetta ha come titolo un riferimento alla cara Epifania passata da più di una settimana, e che ha chiuso il periodo di vacanza che ci è concessa in occasione delle sospensioni delle attività in onore dalla festività natalizia... Per chi ha potuto aprirlo questo periodo, ovviamente. Per me queste sono state tra le vacanze più stressanti e faticose degli ultimi anni... non ho mai smesso di lavorare alla tesi, accumulando un'assurda quantità di stanchezza e di stress che ancora mi attanagliano; ho imparato a sviluppare nei confronti di quella sottospecie di trattatello che sta nascendo sotto la mia tastiera una sorta di insofferenza feroce, cosa molto negativa perché denuncia una nascita sbagliata dell'oggetto in questione. Le proprie creature generano fierezza, orgoglio, gioia... non insofferenza, intervallata a dire il vero da momenti di esaltazione e contentezza.
Comunque il 6 gennaio ha rappresentato anche per me, che  non ho vissuto le festività natalizie come "vacanza vera e propria", una sorta di fine. Sarà per l'abitudine ereditata negli anni dell'infanzia, in cui l'Epifania segnava irrimediabilmente, ineluttabilmente, il ritorno tra i banchi, addolcito dalle calze piene di dolcetti e di goloserie che genitori e parenti donavano a me e mia sorella. I doni della Befana erano per me quasi un modo di chiedere scusa... da parte della Befana, ovviamente, che poverella si accollava sulle spalle tutte le responsabilità per quelli che volevano che la scuola riprendesse il 7 gennaio.
La Befana nella mia infanzia rappresentava, oltre a questo, anche la rivendicazione femminile in un contesto maschile e maschilista, dove Gesù è maschio, suo padre anche, e i Re Magi sono uomini. Quando ho scoperto l'esistenza dei tre Magi, ricordo di aver elaborato nel mio cervellino la teoria di un complotto a spese dell'unica donna presente in tutta la combriccola. Che poi era comunque discriminata perché portava il carbone, cioè i rifiuti, gli scarti; mentre i Magi che pretendevano di poterla sostituire avevano oro, incenso, mirra.
Avevo le idee parecchio confuse sulla questione, come potete intuire... e avevo già da piccola la cattiva abitudine di intrecciare trame e intrighi assurdi sulla base di niente.
Il fatto è che non vedevo come legare i Magi alla Befana. La Befana all'Epifania.
L'assonanza dei due termini, la somiglianza dei suoni mi faceva pensare che si trattasse della stessa "persona" (sì, per i miei 8 anni l'epifania era una persona); ero convinta che "Epifania" fosse il nome distorto della Befana, o un modo sbagliato di riferirsi a lei.
A 8 anni mi facevo un sacco di domande riguardo alla realtà e alle cose attorno a me. Ricordo con un certo orgoglio che avevo un sacco di dubbi: dubbi sani e robusti, di tipo cartesiano per intenderci...
Mi piaceva capire a fondo la realtà, soprattutto quando essa non riusciva a modellarsi sulle convinzione trasmesse dall'educazione e assunte come assolute. Poi con la pubertà sono peggiorata: non nel senso che non ho più messo in dubbio le convinzioni tasmesse, o perché trovavo una risposta assoluta ad ogni domanda.
Semplicemente, per un po' è stato come se non mi interessasse più indagare. La realtà non mi affascinava più come prima, non mi faceva più voglia di svelarla, di capirla, di entrarci; forse è normale, l'abitudine alla fine smorza anche le più grandi enfasi, e la vita diviene presto una tollerabile abitudine.
Per questo avevo dato come per risolta l'identità Befana-Epifania, e più semplicemente non ci avevo più pensato. Poi in terza liceo abbiamo letto Lucrezio, geniale e meraviglioso nel suo richiamarsi all'edonismo e a Epicuro, l'unico filosofo che, per i miei sedici anni, meritava di esistere (adesso ho ovviamente cambiato idea, anche all'interno della stessa filosofia greca... ma Epicuro è ancora uno dei miei fari, uno che è stato dai posteri troppo ignorato o messo da parte, forse per il suo mettere al centro della propria considerazione il semplice elemento di piacere. Eppure ritengo che l'edonismo di Epicuro, anche se con qualche correzione e raffinamento, sia l'intuizione tra le più geniali della storia del pensiero)... nel suo "Inno a Venere" nel "De Rerum Natura"  Lucrezio ci parla dell'"epifania di Venere". Ricordo ancora che pensai che la professoressa avesse sbagliato termine: che c'entrava la Befana adesso? eravamo ad ottobre, o novembre, comunque troppo presto per il Natale e per tutto ciò che gli è collegato!
E' che sapevo troppo poco greco ragazzi miei... Non che adesso ne sappia molto di più, solo qualche termine filosoficamente importante, ma allora non mi interrogavo sull'origine delle parole: l'ἐπιφάνεια, l'apparizione, la manifestazione.
Così il problema della Befana riemerse nella lettura del latino Lucrezio. Manifestazione di che? E' l'apparizione dei Magi, sacerdoti pagani che nel far visita a Gesù lo riconoscono e riconoscono quindi la stessa religione cristiana.
Questo non risolveva il problema della Befana, certo, ma almeno collegava la festività dell'Epifania alla presenza dei tre individui che arrivavano a bordo di cammelli con dei doni che per un bimbo appena nato e che vive in una stalla con un bue e un asino come fonti di calore (oltre che di microbi) risultano piuttosto inutili. Forse Maria e Giuseppe li hanno venduti e si sono potuti permettere un'abitazione un po' più sana per crescere un figlio...
Scopro oggi (e intendo oggi 13 gennaio 2010  ) che il termine "befana" discende effettivamente da "epifania", è una sua corruzione lessicale. E questo mi mette il cuore in pace, la mia identità infantile non era poi così errata"
E sempre oggi 13 gennaio scopro la connessione tra i sacerdoti di Zoroastro (i Magi) e la vecchina sulla scopa: la Befana porta ai bambini dei doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi. Un ricordo quanto mai vago, certo, vista la spoporzione tra i doni (mirra, oro e incenso vs. carbone di zucchero ): anche se permettetemi di notare che forse ad un bambino un bel pezzo di zucchero nero da sgranocchiare, o una tavoletta di cioccolata, o dei biscotti, danno ben più soddisfazione di oggetti preziosi quali mirra, oro e incenso.
E anche a noi grandi, che pure sappiamo apprezzare il valore dei "preziosi"... anche solo per la loro capacità di offrirci occasioni di guadagno attraverso la loro vendita. Per questo mi faccio giovane, bella, avvenente Befana arrivata con una settimana di ritardo e offro in dono a tutti i grandi (anche ai piccoli ovviamente... ma il mio pensiero oggi va ai grandi, che hanno dovuto rinunciare all'innocenza, al carpe diem dell'infanzia...) questi particolari e speziatissimi biscotti.
Pepparkakor: sono biscotti natalizi tipici della Svezia, analoghi al panettone o al pandoro per noi, nel senso che sono reparati solo in occasione della festività natalizia. Sono analoghi ai gingerbread inglesi e ai lebkuchen tedeschi... del tipo "tutto il mondo è paese" e la comunanza climatica consente lo sviluppo di approcci simili alla cucina.
Mia madre li ha scovati su Sweet Sweet Lady Cocca, io li ho conosciuti su Il Criceto Goloso (la ricetta è quasi identica); e molti altri tra foodbloggers e miei conoscenti li hanno presi dall'Ikea (o direttamente all'Ikea, senza prepararli).
Io che non frequento l'Ikea non ne sapevo niente di questi biscottini. Ma una volta che li ho trovati li ho eletti a "regalo che avrei fatto a Natale agli amici". E così è stato.
Sono biscotti particolari, dal gusto speziato e insolito. I sapori si equilibrano bene e le spezie non si avvertono in maniera invadente o fastidiosa. E sono divertentissimi nel prepararli! Mi sono fatta un regalo anch'io a farli, perché ho passato un mezzo pomeriggio a divertirmi come una bimbetta nello stendere e sagomare una pasta la cui consistenza e maneggiabilità ricordano un po' il Didò. Con le dosi che vi riporto qua sotto mi sono venuti un'infinità di biscotti! Credo di avere fatto quattro o cinque infornate, per ottenere una marea di profumatissimi pepparkakor. 
Se volete limitarvi ed essere morigerati, potete benissimo dimezzare le dosi.

La preparazione dei biscotti nel complesso richiede un bel po' di tempo: vanno impastati il giorno prima e lasciati in frigorifero per almeno una notte prima di stenderli, formarli e cuocerli. Inoltre bisogna aspettare il raffreddamento dei biscotti usciti dal forno prima di glassarli (sì, lo so, la glassatura si può anche evitare, eppure permette di realizzare biscotti davvero carini, oltre che di farli uscire ognuno dalla propria anonimità per guadagnare una personalità e un carattere preciso...).
Quando volete gustarli o portarli in dono, quindi, cominciate a impastare il giorno prima.

Infatti, non appena la bellezza primaverile del giorno si svela, 
ed il soffio del favonio vivificatore, dischiuso, prende forza, 
per prima cosa gli uccelli del cielo annunciano te e il tuo arrivo, o dea, 
colpiti in cuore dalla tua potenza.
(Tito Lucrezio Caro: "De rerum natura")




Pepparkakor



















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