A volte la voglia di non pensare, di non preoccuparsi, di essere stupidi o di fingere di esserlo solleva da una serie di preoccupazioni che chiunque preferirebbe non avere. Rifiutarsi di guardare spesso è molto comodo... a volte se non guardi una cosa, o se ne neghi l'esistenza, finisci davvero per essere convinto che non esista. E il Presidente del Consiglio - ma sì, diamogli anche un nome... Silvio Berlusconi- lo sa bene mi sembra.
Ieri c'ero anch'io a vedere "Rai per una notte", in una situazione ancora più agglutinante perché con i compagni del Caffé Letterario (il gruppo di lettura con cui mi ritrovo ogni giovedì sera) eravamo al maxischermo organizzato a Pisa... cosa che ha contribuito a farmi sentire addosso quel curioso senso di appartenenza che mi ricorda tanto una canzone di Gaber (l'appartenenza non è lo sforzo di un civile stare insieme.... non è il conforto di un normale voler bene... l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé) e che forse è propria all'uomo in quanto animale sociale: il sentire di condividere, di avere un'idea o un obiettivo comune, di essere insieme anche se non ci si conosce... Quel senso di appartenenza che mi scorreva nel sangue e nel cuore ieri sera, nel sentirci tutti uniti per la libertà di informazione, non solo noi studenti riuniti in aula Fascetti ma anche tutti gli utenti connessi a guardare "Rai per una notte"... un essere più vicini gli uni agli altri, come se questo potesse cambiare qualcosa, dammi più conforto, forse consolarmi; quel senso di appartenenza che spesso è servito da collante per le dittature, che ha infiammato a San Giovanni i manifestanti del "partito dell'amore" che di amore avevano solo il nome, che rischia di annullare la capacità di critica lucida e di prendere le distanze.
E' un po' strano notare la sfumatura negativa implicata in quell'inebriante sensazione di condivisione . E' un'amarezza strana, ugualmente esaltante però: quella che si prova quando si vuole - o si è costretti, per forza di cose o di pensiero- andare oltre la reazione immediata, abituale, di fronte a convinzioni o ad assunzioni date sempre per scontato, che le svelano per quello che sono, o che ne mostrano le molteplici sfaccettature e prospettive.
La stessa identica reazione amara l'ho avuta sempre ieri nell'ascoltare il discorso di Monicelli quando parlava della speranza...
Mi ha fatto pensare questo discorso. Perché è vero. Con la speranza in un dopo migliore - che sia terrestre o celeste - quante persone sono state inchiodate ad un presente di oppressione, di sfruttamento, e hanno rinunciato a lottare? La speranza in una realtà futura migliore, che scusa la disgrazia presente...La speranza è una trappola: è una brutta parola, non si deve usare. E' una trappola inventata dai padroni. E' di quelli che ti dicono che... Dio... "State buoni, state zitti, pregate, avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell'al-di-là, perciò adesso state buoni, ci sarà l'al-di-là". Così dice quello: "State buoni, tornate a casa, sì siete dei precari ma tanto tra 2-3 mesi vi riassumiamo ancora, vi daremo il posto etcetera... sì sì state buoni", vanno a casa e stanno tutti buoni. "Abbiate speranza" Mai avere speranza, la speranza è una trappola, una cosa infame, inventata da chi comanda.
Non voglio condannare in toto la sensazione, naturale, spontanea, della speranza... Come tutto - o quasi tutto - anche per lei è una questione di gradi, o di utilizzo.
Essa può essere (e lo è stata e lo è ancora) usata come mezzo subdolo di oppressione e di sfruttamento.
Ma essa è anche, se non si ferma a contemplare se stessa, un segnale che indica l'insostenibilità della situazione presente e ci spinge a cambiare, a cambiarci, per realizzare una situazione diversa, migliore, buona (o presunta tale). La speranza può essere anche una spinta al cambiamento, alla realizzazione, al miglioramento.
E per accompagnare un brindisi virtuale che vi offro, a voi che mi leggete, animati dalla speranza del miglioramento nelle condizioni poltiche e sociali delle italiane, degli italiani, degli extracomunitari che vivono in Italia, vi porgo queste meravigliose ciambelline al Marsala rubate al Ricettario di Bianca (ma citando e ringraziando Iaia70, l'autore... pardonne-moi, l'autrice ). Deliziose e aromatiche, ottime per ogni momento della giornata: a colazione, come spuntino, gustate con una bella tazza di té, o per addolcire la fine di un pasto o una giornata particolarmente cupa.
Il Marsala dona a questi biscottini un'aroma tutto suo, tutto particolare... ma sono meravigliosamente e straordinariamente versatili (sapete, ormai, quanto ami la versatilità delle ricette e degli ingredienti ), così se non avete il Marsala potete sbizzarrirvi e usare la vostra più straordinaria creatività: vino bianco secco (la prima volta, prima di comprare il Marsala, ho fatto queste ciambelline col vino bianco... tutto un altro sapore, più delicato, ma ottime ugualmente ), oppure (improvviso un attimo perchè ho provato solo Marsala e vino bianco), vino rosso, Sambuca, Bayles, altri liquori , forse anche analcolici come succhi di frutta e caffé... Anche se amo particolarmente - più di ogni altra variazione che possa essere suggerita- la versione originale con il Marsala.
Odiare i mascalzoni è cosa nobile, a ben vedere significa onorare gli onesti
Daniele Luttazzi citando Quintiliano: "Rai Per Una Notte", 25 marzo 2010
Ciambelline al Marsala