"Perché una realtà non ci fu data e non c'è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile"

(Luigi Pirandello)

domenica 30 maggio 2010

Fare da madre alla pasta madre: storia di accudimento e panificazione da parte di un'aspirante (anzi utopica) panaia...

Ho già parlato di quanto adori panificare. Già detto del significato che la panificazione home-made ha avuto per me, e di quanto mi costi, adesso, mangiare in casa (fuori non posso fare altrimenti) del pane che non sia frutto del lavoro panificatorio mio (o di mia madre). Rileggendo il mio vecchio post mi è venuto da sorridere alla riga in cui scrissi "ci ha permesso di arrivare a questo risultato che, per me, è definitivo". Che ingenua ... ho commesso quanto meno un errore madornale per una ragazza che si ritiene (nei limiti del possibile) studiosa di filosofia: perché niente, e men che meno convinzioni o assunzioni riguardo alle cose migliori, è "definitivo". Il termine stesso mi rimanda a qualcosa assunto per sempre e che non può essere messo in discussione... e se un po' mi conoscete saprete, ormai, come sono diffidente a certe assunzioni di fede .
Ma forse per il pane davo così tanto per scontato che non sarei mai progredita nel reperimento di un ottimo "every day-bread" per il fatto che assumevo come ovvio che sarei rimasta sempre e per sempre fan sfegata del lievito di birra e assolutamente diffidente nei confronti del lievito madre.
  Lievito madre? Qu'est-ce que c'est? Il lievito madre, o lievito naturale o lievito acido o pasta acida o pasta madre e crescente, è (cito alle lettera Wikipedia ) "un impasto di farina e acqua acidificato da un complesso di lieviti e batteri lattici che sono in grado di avviare la fermentazione. A differenza del cosiddetto lievito di birra, il lievito naturale comprende, tra i lieviti, diverse specie di batteri lattici eterofermentanti ed omofermentanti del genere Lactobacillus. La fermentazione dei batteri lattici produce acidi organici e consente inoltre una maggiore crescita del prodotto e una maggiore digeribilità e conservabilità."
Il metodo di lievitazione naturale era comune prima che fosse selezionato il lievito di birra. Io conoscevo da sempre la lievitazione con il lievito di birra, ma per conoscere la lievitazione naturale con pasta madre ho dovuto immergermi nel mondo dei siti e dei blog culinari. Sia chiaro, eh, si trattava di conoscenza unicamente teorica! Ero diffidente verso il lievito madre... o meglio, siamo più precisi: ero diffidente verso le mie capacità con il lievito madre. I motivi, ve li getto lì alla rinfusa, erano vari ed eventuali e di molteplice natura:
  1. Il problema più pratico di tutti era che non avevo contatti che potevano darmi un po' della loro madre; ma questo, come si vedrà, era forse il meno importante o comunque quello che tenevo meno in considerazione. Lo riporto adesso perché, se per caso avessi voluto panificare in maniera naturale, mi rendo conto che non avrei saputo dove trovarla una madre già pronta.
  2. Era troppo al di sopra di me e delle mie capacità: bloggers e utenti di siti che ne parlavano citavano metodologie mitologiche come il fantomatico "rinfresco", creando così, per me, un'alone di mistero e venerabilità su qualcosa che evidentemente andava oltre ciò che potevo fare. Nella mia testolina la pasta madre divenne off limits.
  3. Da come ne sentivo parlare sembrava che non si facesse altro che rinfrescare e panificare! Ohimé, e chi aveva il tempo, la voglia e l'appetito per così tanti rinfreschi e panificazioni?
Così la pasta madre era rimasta una bestia strana di cui ogni tanto leggevo su Internet, una bestia che non aveva altri meriti che complicare la panificazione così liscia, lineare, facile e semplice del lievito di birra.
La mia storia con la madre comincia alla fine di marzo dell'anno 2010. La Sezione Soci Coop della zona ampiamente frequentata da mia madre per la spesa settimanale ha organizzato tra fine marzo e metà aprile un corso di panificazione domestica. Mia madre è stata così gentile da farmelo presente e, al modico costo di 30 Euro complessivi, ho vissuto 3 delle giornate più istruttive e gastronomicamente interessanti della mia vita. 
Ero l'unica persona sotto i 35 (ma anche 40, va'... ) anni. Forse sono io che ho interessi "datati" (anche se ci sono molte foodbloggers che hanno più o meno la mia età... e questo non sapete quanto mi conforti! ) o forse Livorno è un bacino di utenza scarso per i giovani interessati di cucina e panificazione... ma ero così presa e così interessata alle "lezioni" (sia teoriche che pratiche) che la cosa non mi ha pesato più di tanto.  E poi la fase pratica si teneva in un posto stupendo che, complici anche le belle giornate che per fortuna ci hanno accompagnato, ha contribuito a dare a questa esperienza un tocco quasi magico.
La panificazione pratica si teneva nella Comunità di Pian di Rena, comunità di recupero per tossicodipendenti giunti alla fase finale di un procedimento di disintossiazione, recupero e reinserimento nel mondo del lavoro e delle relazioni che si trova piuttosto vicino a casa mia e a 15 minuti di macchina da Livorno... ma sembra di essere in un altro mondo, in un'altra epoca! Inabissati in una strada sterrata affogata da alberi, siamo giunti dopo una camminata di una ventina di minuti nella Comunità, immersa nel verde, incorniciata da una visione di colline e di prati apparentemente intoccati dall'uomo... anche se era ovviamente un'illusione perchè si tratta di prati falciati, tracciati e magari anche coltivati, che richiamavano però un'antichità bucolica colorata ai nostri occhi urbani di una risonanza romanticheggiante.
Non ho fatto disgraziatamente foto, anche perché all'inizio non avevo pensato ad un reportage al riguardo... gli unici scatti, che qui vi posto, sono del 18 aprile (l'ultimo incontro in cui abbiamo cotto nel forno a legna i nostri pani ), in cui mi sono ritagliata un attimo per immortalare dettagli di uno dei due ciliegi in piena fioritura. Adesso ormai abbonderanno di ciliegie, allora era uno sfolgorio di fiori bianchissimi che non avevano ancora cominciato a sanguinare (ogni riferimento a De André è puramente casuale  ).
















E' in questa circostanza che ho ricevuto il mio assaggio di lievito madre... scoprendo le possibilità che spalanca e la semplicità della sua gestione! Come mi ero sbagliata in precedenza... gestire una madre non è così impossibile, considerando il frenetico ritmo di panificazione che abbiamo in casa e la possibilità di conservare la madre rinfrescata in frigorifero.
Utilizzando il lievito madre ho re-imparato ad impastare con le mani... ad immergere i palmi e parte dell'avambraccio nell'impasto, a sporcarmi le dita e a girare e rigirare con delicatezza il composto per intrappolare le particelle di glutine e favorire la lievitazione. Ho fatto una serie incredibili di sperimentazione, dalla riproposizione del pane fatto al corso (300 g di pasta madre rinfrescata per 600 g di farina e acqua q.b., con due lievitazioni) cotto a forma di pagnotta, come schiacciata e come pan bauletto, il pane toscano delle Sorelle Simili, un pane di Altamura, un pane pugliese, un dolce pan brioche con marmellata. Soprattutto all'inizio ho litigato e lottato con la cottura, mi restava sempre troppo umidiccio dentro pur avendo un buon sapore; ho cotto, strinato, testato e ovviamente mangiato tante brutte copie e tanti pani venuti così così, ancora umidi dentro oppure cotti troppo e neri e duri fuori. 
Anche il rinfresco è stata una sperimentazione continua. Ad ogni preparazione panosa tenevo da parte dalla pasta madre rinfrescata che usavo una dose che conservavo per il rinfresco successivo. All'inizio ne tenevo proprio una puntina e aggiungevo acqua e farina a caso, fino ad ottenere la dose desiderata (ai miei esordi arrivavo ad avere poco più di 300 grammi), per poi lasciarla a rinfrescare una dodicina di ore.
Quando ha voluto imparare a operare con la nuova lievitazione, mia madre si è ribellata a questo mio procedimento "a caso", così cercando e sfogliando le comode virtuali pagine di Internet abbiamo trovato una soluzione che permette di coordinare le nostre panificazioni e che ha fatto sì che anche mia madre si convertisse all'uso del lievito madre (scusate questo giochetto di parole, non posso evitarlo se voglio essere unpo' chiara): è una proporzione, questa, che ho trovato un po' ovunque sulle pagine web e che ci da' buoni risultati, quindi penso sia ottimale, almeno per la panificazione che facciamo noi in casa.
La proporzione è 100:100:50. 
100 grammi di pasta madre + 100 grammi di farina + 50 g di acqua
Ad essere sincera non seguo mai pedissequamente e rigorosamente la proporzione: spesso arrivo ad avere più di 100 grammi di madre e quasi sempre aggiungo un po' di acqua in più, fino ad avere una consistenza abbastanza morbida anche se non liquida. Ma la proporzione esatta è questa e ve la propongo calorosamente.
Il pane fatto con la madre ha un altro sapore, oltre che un altro e più ampio valore nutritivo. Adoro il pane lievitato naturalmente. Ormai panifichiamo quasi solo così, tranne per dei panini a cui siamo affezionate e che prevedono l'uso del lievito di birra... ma la panificazione quotidiana, ormai, è con la pasta madre o pasta acida.
Ed è questo pane quotidiano che voglio proporvi oggi. L'ho scovato sul sito de La Spiga d'oro, un'azienda promotrice dell'agricoltura biologica di Treviso, tra le mille ricette copiate da Internet e provate, e l'ho adottato come pane di tutti i giorni perchè "rapido" (relativamente parlando ovviamente) e ottimo! Oltre alle ore del rinfresco, prevedere una sola lievitazione lunga (8-12 ore) e una cottura di circa 40 minuti. E' divenuto il sostituto "lievitato naturalmente" del pane senza impasto, anche se forse meno alveolato... pur presentandosi a volte l'alveolatura, in questo pane naturalmente lievitato, in maniera maggiore in certe pagnotte rispetto che in altre. Adoro questo pane perché ogni pagnotta è un'avventura diversa, con una diversa forma, una diversa consistenza, una diversa (come dicevo sopra) alveolatura... non è una produzione in serie e ogni pane ha il suo perché, la sua identità, la sua particolarità. 
Ed a me, che adoro le contingenze, le differenze, le individualità personali, questo non può che elettrizzare.




Con questa narrazione-quasi senza riflessione (quasi un unicuum in questo blog direi ) partecipo all'iniziativa di Rossella di Ma che ti sei mangiato?: Storie di lievito madre. Arrivo ben ultima, scadendo la raccolta proprio oggi, e spero che Rossella sia così gentile da accogliermi comunque, anche se giunta all'ultimo istante ... 


 
p.s. autobiografico: La mia partenza è stata rimandata al 4 giugno, per questo mi vedete girovagare ancora per il web. Al più presto rispondo ai vostri commenti delle ricette precedenti, oltre a quelli che spero di ricevere per questa... come sapete anche voi, sono i commenti e le osservazioni, oltre al reciproco riconoscimento, a dare una delle più grandi soddisfazioni per noi foodbloggers. Non scriviamo per essere commentate, certo... ma è meraviglioso sapere che il proprio lavoro viene visto e magari anche apprezzato da altri

.

Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti. 
(Fabrizio de André: "Non al denaro, non all'amore né al cielo")


 Il mio pane quotidiano con la pasta madre



 

giovedì 20 maggio 2010

Partenze, la Turchia, Bodrum/Alicarnasso e il confine della colazione home-made: cornetti dolci senza uova

In questi giorni mi sento poco bene... i continui sbalzi di temperatura mi hanno resa vulnerabile a una malsana virosi con vomito, febbre, diarrea.  
Non certo un bello status per scrivere, leggere, annotare, apprezzare di cucina; né tantomeno per cucinare e se è per questo nemmeno per mangiare (fatto inedito e insolito questo per me ): sto sopravvivendo con riso, yogurt e patate lesse.
Negli ultimi due giorni quasi non riuscivo a toccare il computer senza fuggirmene in bagno, ma oggi che sto decisamente meglio voglio e assolutissimamente voglio aggiornare.
Certo, non ho ancora recuperato tutte le forze né la brillantezza e l'umorismo solito, e questo non sarà uno dei soliti post farciti e introdotti da ingombranti riflessioni per il fatto che, semplicemente, non reggo né fisicamente né mentalmente, adesso, uno sforzo eccessivo di riflessione, né una scrittura troppo lunga al computer. Qualcuno di voi forse lo considererà un bene, altri (più saggi di me) magari si chiederanno perché ho voluto aggiornare in uno stato di salute così flebile.
I perché sono tanti, ma forse comuni a tutti i foodbloggers cui mi sento un po' di appartenere.
Perché ne sentivo il bisogno.
Perché questo Filosoficamente Sostenibile, con le sue tante debolezze e i suoi piccoli pregi, è ormai divenuto una parte di me o ancor meglio una mia estensione virtuale.
Perché volevo approfittare di questi ultimi giorni per postare in maniera più recettiva.
Ultimi giorni?Mi sembra già di sentire (o almeno mi piacerebbe sentire) la perplessità dipinta negli occhi di qualcuno di voi.
Già, perché il 30 maggio parto e resto via tutta la stagione estiva... fino al 30 settembre. Parto come animatrice turistica per un villaggio in quel di Bodrum, nella lontana Turchia. Non so se avrò a disposizione e per quanto un collegamento Internet, e non so pertanto se e quanto potrò seguire lo sviluppo del mio blogghino.
Prima di partire programmerò la pubblicazione di qualche ricetta, in modo da pubblicarne almeno una al mese... ma come potete già intuire nei miei interventi programmati-a-maggio-ma-pubblicati-a-luglio non avrò la solita verve e il solito, costante, noioso, attaccamento all'attualità  .  
E' un'occasione questa mia per andarmene di qua... per staccare un attimo dalla mia insotenibile quotidianità... per guadagnare un po' (pochi pochi ) di soldini, per cominciare ad imparare davvero la mia autonomia. E per vedere un posto interessante.
Bodrum è l'antica Alicarnasso, a sud-ovest della Turchia, a un'ora e mezzo da Kos nel Mar Egeo, ed ha una lunga lunga luuuunga storia: non sentendomi in grado di riassumervela in maniera serrata e adeguata, ve la copio direttamente da un sito che ho consultato, assicurandovi tuttavia che l'ho letta molto attentamente:
"[Alicarnasso] Capitale della Caria, situata su un promontorio dei golfo Ceramico (golfo di Kerme) con acropoli e buon porto; fu fondata dai dori di  Trzene argolica [una delle regioni in cui era diisa la penisola dorica, ndG] ed ebbe forse anche coloni di Argo. Svolse una notevole attività commerciale e stabilì anzi un proprio fondaco a Naucratis in Egitto; cadde poi in potere dei re di Persia e fu governata da tiranni; sotto il comando di Artemisia partecipò alla spedizione di Serse contro la Grecia (480 a. C.). Ebbe dal sec. VI a C. fìno al sec. III dell'impero una ricca coniazione di moneta propria. Fu già uno dei sei capoluoghi della lega dorica; fece parte della lega delio-attica, ma se ne staccò durante la guerra del Peloponneso, e fu effimera la riconquista fattane da Trasibulo (389 a. C.). 
Esclusa dalla lega dorica, aveva formato insieme con Mileto, Coo, Chio e Rodi, un regno vassallo della Persia, sotto i tiranni Ligdami e Mausolo. Un testo epigrafico ricorda i patti stretti dai cittadini con Ligdami; sotto Mausolo, Alicarnasso toccò l'apogeo del suo splendore; Artemisia, la sorella e vedova di Mausolo, fece innalzare in suo onore il  celebrato mausoleo, ritenuto una delle sette meraviglie del mondo, al quale lavorarono Briasside, Scopa, ecc. 
La città fu assediata, presa e in parte distrutta da Alessandro Magno (333 a. C.); durante il sec. III a. C rimase sotto i Tolomei; nel 197 riebbe la sua libertà, ma subì la supremazia di Rodi, e poi fu compresa nella provincia romana d'Asia. Venne decadendo sotto gli imperatori bizantini e sotto gli arabi. Fu patria di Erodoto [antico storico greco, addirittura definito il "padre della storiografia"] e di Dionigi [storico greco e insegnante di retorica nel periodo romano].
 
Una città che ha avuto la sua indubbia e importante storia, quindi... e che pure fino agli anni '20 del 1900 non era niente di più che un villaggio di pescatori. E' stato infatti grazie all'attività dello scrittore, giornalista ed etnografo (a me sconosciuto, ma questo vuol dir poco) Cevat Şakir Kabaağaçlı, che fu condannato, per aver scritto un articolo contro la pena di morte, all'esilio a Bodrum per 3 anni. Ma anche una volta terminato il tempo dell'esilio rifiutò di lasciare Bodrum e continuò a scrivere da e per la città d'esilio: aiutò ad organizzare i "tour blu" (Mavi Tur) che miravano a far conoscere la regione di Bodrum al grande pubblico ed è lui che ha fatto sì che Bodrum sia oggi uno dei più grandi centri turistici della Turchia. Ed è grazie a lui, anche, che io vado lì. 
Da quando me l'hanno proposta l'ho trovata una città affascinante. Una città di confine, una città da cui sono passati molti ed eterogenei popoli nel suo essere "al limite".
Ed è ugualmente di confine la ricetta che vi propino oggi, nel senso che ha rappresentato davvero un confine, o meglio un suo varcarlo, nel mio percorso "culinario" .
E' stata la mia prima esperienza di breakfast-home-made e mi ha insegnato come preparare le dolcezze per la mattina permetta di avere una colazione molto molto molto più gustosa. E' stato l'inizio di una presa di consapevolezza che adesso mi pare ovvia.
Passatami da mia madre che l'aveva a sua volta mutuata dalle Treccine dolci di Karamamma scovate su Il Ricettario di Bianca (fonte che ritorna, anche perché le prime ricette, quelle "storiche", io e mia madre le abbiamo attinte in gran parte da lì, per spaziare al di fuori solo successivamente), ho deciso di cambiar loro forma e, invece di treccine, ci ho fatto dei cornetti.   
Non ricordo - perché ormai sono passati anni (saranno 2, se non 3) - come sono arrivata ad elaborare il modo di dare la forma del cornetto... di certo non da sola ...
Ma alla fine è d'uopo, prima che me ne parta per la Turchia e che torniate a sentirmi solo "in differita", lasciarvi questa deliziosa proposta per una dolce colazione, che addolcisca le vostre mentre dovrò rinunciare per 4 mesi al lusso e alla goduria di cucinare da me e per me (speriamo almeno che la cucina nel resort sia buona e che me la possa ricordare con piacere).



 Questa è l'esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani non svaniscano con il tempo e le imprese grandi e meravigliose, compiute sia dai Greci che dai barbari,non restino senza fama;in particolare,per quale causa essi si fecero la guerra. 
(Erodoto: "Storie", I, 1)




Cornetti (senza uova) per la prima colazione 



domenica 9 maggio 2010

"Era una notte buia per lo Stato italiano... quella del 9 maggio '78": in ricordo di Impastato un saluto colorato di biscotti "occhio di bue reverse"-style


Il post di oggi sarà rapido... la stanchezza del corpo e della mente non mi permette di scrivere troppo a lungo: le idee stentano a formarsi e le esprimo male. E poi voglio andare a nanna presto, almeno oggi.
Ma era opportuno lasciassi un mio segno, qui, oggi, perchè il 9 maggio 2010 è una data che segna tante cose: a parte la festa della mamma, festività che prendo poco in considerazione, ancora meno della festa della donna che almeno credo abbia avuto un suo significato storico. La mia diffidenza non è dovuta soltanto ai rapporti tempestosi con mia madre, è una festa che ho trovato sempre piuttosto campata in aria e non ci ho mai speso un attimo di pensiero.
E' però di un altro evento che voglio parlare... anzi, di due. Il 9 maggio 1978 il corpo di Aldo Moro, sequestrato dalle BR, fu ritrovato in via Caetani: il delitto Moro - così ho appreso da quel poco di storia che mi hanno insegnato - ha profondamente segnato la vita politica del Paese, probabilmente in peggio. Aldo Moro, membro della Democrazia Cristiana, era disposto ad un'apertura verso il PCI, verso il "compromesso storico" proposto da Enrico Berlinguer, e che lo rese oggetto di aspre critiche; ma questo probbilmente lo saprete meglio di me, che a quel tempo non ero neppure un pensiero nella mente dei miei genitori.
Ma il 9 maggio 1978 ha visto, ironicamente, anche la morte di un altro personaggio che, pur non raggiungendo la visibilità politica di Moro, ha agito coraggiosamente contro i crimini di mafia della sua Sicilia: si tratta di Peppino Impastato, ucciso il 9 maggio 1978 con una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Quasi certamente il delitto è di matrice mafiosa, ordito da quella stessa organizzazione criminale che Peppino, la cui famiglia era ben inserita negli ambienti mafiosi locali, aveva combattuto fin dalla giovinezza.
L'eccezionalità, la gravità e la necessità di ricordare la sua morte sono state oscurate dal delitto Moro; è buffo come il 9 maggio sia stato ricordato quasi solo per via Caetani e non per la vicenda di Peppino, una vicenda che, con le dovute contingenze, è ancora attuale, come è attuale il problema della mafia, del suo potere, dei suoi legami con il mondo politico.
Sono passatui 32 anni e poco è cambiato... forse (ma lo dico solo perché io a quei tempi non c'ero e li ho studiati solo sui libri) la classe politica di oggi è anche peggiore di quella di allora e se qualcosa è cambiato lo è quindi solo in peggio.
Voglio però ricordare Peppino e la sua lotta contro il potere mafioso, una lotta che verrebbe da definire "persa in partenza" ma che appunto per questo è ancora più lodevole ed encomiabile; perché spesso le lotte più importanti sono quelle che sembrano impossibili, inarrivabili... perse in partenza appunto (questa è un'allusione che faccio a me, anche... a tutte le lotte che devo sostenere e che esito a portare avanti perché le giudico vigliaccamente già "perse in partenza").
Alla fine si tratta solo di iniziare, di compiere il primo dei famosi 100 passi....

La commemorazione di Peppino Impastato, e più in generale degli eventi del 9 maggio 1978, la corono con questi biscotti che sanno di primavera per i colori vivaci e vitali... la primavera che, nonostante tutto, sembra stare arrivando . Scenografici e d'effetto, presi dal calendario della Paneangeli (si prende ispirazione da ogni cosa... blog, siti, libri, riviste, anche calendari ), li offro alla memoria di Peppino e della sua lotta, all'aspirazione di primavera (che va mutandosi in speranza d'estate) e a tutti voi che avete avuto la volontà, la pazienza, il desiderio di leggermi.



[...] Peppino non c'è più, è morto, si è suicidato. No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: "voglio abbandonare la politica e la vita".
Ecco questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa: se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari. Suicidio.
Come l'anarchico Pinelli che vola dalle finestre della questura di Milano oppure come l'editore Feltrinelli che salta in aria sui tralicci dell'Enel. Tutti suicidi. Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante. Il ritrovamento a Roma dell'onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse. E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto. 
[...]

Salvo Vitale, discorso fatto alla Radio Aut la notte della morte di Peppino Impastato: "I cento passi", film di Marco Tullio Giordana


Biscotti "occhio di bue reverse" colorati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 5 maggio 2010

"Ma stai ancora a riciclare?" ... forse, uno dei miei pochi atti ambientalmente virtuosi: la virtù, l'ambiente, il mio budino del riciclo delle uova di Pasqua

Ebbene sì, dopo quasi un mese di assenza me ne torno qui... e con una nuova ricetta di riciclo. La mia assenza è piuttosto ingiustificata, perché ora come ora non ho impegni così urgenti da motivare il mio essere scomparsa dal blog... è che, forse, l'inattività comincia a pesarmi e molti pensieri che mi hanno affollato la mente sono stati piuttosto negativi. Non un buon stato mentale, quindi, per scrivere di e su ricette .
Ma come spesso- come quasi sempre- accade la causa e l'effetto si mescolano e non sono più arrivata a capire perché esitassi tanto a scrivere e cosa, anche, influisse sul mio stato mentale. Forse scrivere non mi avrebbe fatto così male, né l'avrebbe fatto a voi . E quindi eccomi risorta, con più di un mese di ritardo rispetto alla Pasqua, con un post che si porta dietro, ancora, strascichi pasquali (strascichi che vanno al di là della mia presunta resurrezione)... ancora stanno albergando nella mia dispensa avanzi del cioccolato delle uova di Pasqua.
E per questo è urgente un riciclaggio che sia diverso dal solito passare indifferentemente nei pressi della dispensa, frugare nel contenitore della cioccolata e tornarsene alla poltrona con sguardo falsamente innocente, per nascondere il pezzo di cioccolata appena infilato in bocca e che stiamo silenziosamente masticando. 
Per questo, anche, ho aderito all'appello "Ricicliamo le uova di Pasqua"... anche se più ancora vi ha inciso la mia onnipresente convinzione sull'attività sana, saggia e necessaria del riciclo.
Non c'è stato un attimo, da quando ho il dono della ragione, che non ho pensato a riciclare: mi hanno sempre insegnato a separare la carta dalla plastica, dal vetro e dagli indefinibili "rifiuti indifferenziati" (e quindi non riciclabili). Credo di aver adeirito alla meraviglia del riciclo alle scuole elementari.
Ed è un'abitudine che mi è rimasta. E' curioso come spesso - quasi sempre direi - incameriamo nozioni, atteggiamenti, attitudini che ci sono insegnate dai genitori, o comunque dagli educatori nell'età in cui siamo più malleabili ed elastici... o forse no, non è curioso, solo naturale. Così è stato per il mio ateismo, così è stato per la mia attenzione a riciclare il riciclabile... attitudini prese, assorbite, incamerate senza metterle in discussione, come verità assolute, e solo dopo rielaborate, masticate, messe in discussione e convalidate (o negate).
Da piccola ho vissuto di verità assolute, che non avevano un perché o un percome ma semplicemente ERANO. Mi viene in mente la citazione di un qualche filosofo* secondo cui la religione era "l'infanzia dell'umanità"... non so se è vero, ad essere sincera. Spesso i bambini sono così geniali nel rigirare le cose che noi adulti, ormai irrigiditi in schemi mentali fissi, diamo per scontato.
Ma forse, una volta che il pupo ha acquisito certi concetti, certe nozioni, certe disposizioni, allora quelle divengono pure e assolute verità. E solo un successivo lavoro intellettuale può seriamente, e nuovamente, metterle in discussione.
Comunque sia, questo successivo lavoro intellettuale ha confermato la necessità, la saggezza, la bontà dell'attitudine al riciclo, anche e soprattutto nella crisi ambientale attuale. Forse, se avessimo riciclato di più (ma ancora, se avessimo sprecato meno ), non saremmo nella situazione di adesso.
L'essere umano si è sempre imposto sulla natura non umana come ne fosse il dominatore, come se un qualche diktat sovra-umano gli permettesse di sfruttarla fino allo sfinimento... mi piace pensare che per gli altri animali non sia così, che essi si limitino a prendere ciò che serve restituendo altrettanto. L'essere umano - o quanto meno quella curiosa variazione dell'Homo sapiens che è l'uomo industrializzato che pomposamente si definisce "occidentale" - ha rotto un equilibrio e ha imposto la sua ingombrante presenza in tutto il pianeta.
Siamo progrediti in conoscenze tecnico-scientifiche... ma un uguale sviluppo non c'è stato nella nostra sensibilità morale, nel nostro saper spingerci al di là dell'immediato presente, nello sviluppo di un'intelligenza non solo tecnica ma anche, semplicemente, lungimirante.
Abbiamo disboscato, scavato, sfruttato, estratto, dilaniato, prosciugato, sentendoci in diritto di farlo, credendo che ogni cosa, ogni animale pianta batterio, ogni essere senziente o vivente fosse lì semplicemente per soddisfare i nostri bisogni. E non siamo stati capaci di guardare un po' più in là, di renderci conto che questo sfruttamento esagerato non sarebbe potuto continuare a lungo.

(uso la prima persona plurale, il "noi", intendendo noi come "specie umana")

Sarebbe stata una considerazione semplice, volta a considerare le possibilità che si stavano negando agli esseri umani futuri, ai nostri figli nipoti etc... Non coinvolgeva una (secondo me opportuna) considerazione anche dell'alterità naturale non umana, gli animali non umani, le piante, la biosfera e l'intero ecosistema, sia valutata in se stessa che per le possibilità che può offrire a noi in termini di sviluppo personale e conoscitivo, di possibilità ricreative, di riflessione, di fusione, di gioia.
Ma l'essere umano non è stato in grado di considerare né quest'ultima cosa (l'alterità naturale) né la prospettiva che coinvolgeva lui stesso in quanto specie. 
Così adesso, per la non volontà di guardare avanti e per la miope considerazione tuttora fatta e guidata forse dall'unica ambizione del rapido guadagno, ci ritroviamo in quest situazione di crisi ecologica, in cui le risorse scarseggiano, il pianeta risente dei continui sfruttamenti umani e la società umana, con tutto l'inquinamento e il danno che comporta, si espande ancora di più.
In questo l'attitudine al riciclo è uno dei piccoli contributi che sento (ma per fortuna non solo io ) di poter dare in questo contesto. E' qualcosa per me prezioso, qualcosa che in minima parte mi fa sentire di fare qualcosa.
Riciclare la carta, la plastica, il vetro, l'alluminio, le lattine... fino al cibo che li contiene. E su quest'ultimo noi foodbloggers siamo dei campioni... a nessuno, credo, piace gettare il cibo che avanza, e ogni foodblog ha, di solito, un angolino dedicato al riciclo dei cibi avanzati o vecchiotti: pane, pasta, formaggi, dolci e dolcetti... e il cioccolato  . Anche questo, sembra strano a dirsi, avanza... soprattutto nei periodi pasquali in cui c'è il rischio che la cioccolata si accumuli per l'incapacità fisica di smaltire in tempi rapidi le uova ricevute in regalo (se non volutamente acquistate  ).
Il cioccolato delle uova si può usare in qualsiasi ricetta che preveda l'uso del cioccolato, in qualsiasi torta o plumcake che ognuno di noi ha archiviato nel proprio ricettario. Ne ho usato tanto nella proposizione e nella riproposizione del dolce del riciclo della colomba, oltre che per impreziosire altri biscotti e dolcetti.
Ma l'uso più spettacolare del cioccolato avanzato di Pasqua è stato in un budino, la cui elaborazione è in realtà precedente al periodo pasquale e che non è nemmeno da ascrivere a me, ma a mia madre che se l'è ingegnato prendendo spunti dal Ricettario di Bianca, archivio di antica affezione. Io mi sono limitata a riproporre la sua ricetta e ho usato il cioccolato bianco di una delle uova che abbiamo ricevuto...
E' una ricetta provata molte volte e con varietà di cioccolato diverse; ma il massimo del godimento sensoriale, e che ho voluto riproporre in occasione del riciclo pasquale, l'ho raggiunto con l'uso del cioccolato bianco che tra l'altro, di solito, mi entusiasma pochissimo (ho già parlato del mio ambiguo e conflittuale rapporto col cioccolato bianco nella ricetta del plumcake con pesche e cioccolato bianco ). Le foto ritraggono quindi la mia versione bianca del budino, impreziosita con una sciocca decorazione fiorita fatta con del cacao amaro; ma la versatilità che tanto amo e che è propria anche di questa ricetta fa sì che possiate usare ogni varietà di cioccolato (fondente, al latte, con nocciole... il primo tentativo fatto da mia madre fu con la Nutella, addirittura...)


Partecipo con questa ricetta alla raccolta de Il Blog Di Cucina "Ricicliamo le uova di Pasqua"


e faccio presente il blog candy indetto da Rita de Le cose di Rita per il suo centesimo post: l'iniziativa è carina e il blog merita di essere visitato




Tante foreste strappate alla terra
massacrate
finite
rotativizzate

Tante foreste sacrificate per fornire carta
ai miliardi di giornali che ogni anno attirano
                                                         l'attenzione dei lettori sui rischi del
                                                         disboscamento

(Jacques Prévert: Poesie d'amore e libertà)



Budino al cioccolato bianco


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