"Perché una realtà non ci fu data e non c'è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile"

(Luigi Pirandello)

domenica 19 febbraio 2012

Riflettere per una data.... e omaggiare la memoria con una crostata. Perché siamo banali e ci piace l'abbinamento pere-cioccolato...

... e ci piace anche ricordare.
Pluralia maiestatis a parte, questa introduzione (contenuta in gran parte nel titolo), è niente più che un pretesto per ricordare - e ricordarsi - che alcune giornate sono intrise di significato. Ovviamente non lo sono tutte, né tutte hanno una data, né tutte possono essere ricordate con esattezza.
Ci sono giorni che hanno un significato solo per il fatto di essere là, per il sole, per l'odore del vento, per la serenità che emanano e che si trasmette al cuore.
Ci sono giorni tristi, di cui si ricorda solo la la cappa nera che si sentiva attorno, addosso... quei giorni il cui loro significato risiede nel loro non avere significato.
E poi ci sono quei giorni segnalati dalle date. Quelli che è possibile segnarsi sul calendario, per ricordarli. Che hanno significato per una certa porzione di mondo (si pensi al Natale, che ha un forte significato per quella porzione di mondo che professa la religione cattolica), per una nazione, per una città, per una famiglia, per una persona singola...


... da notare inoltre il restringimento di campo e di ampiezza di considerazione, che dal quasi-universale (il quasi mondo) porta all'assolutamente individuale (la persona singola, anche su questo su potrebbe aprire un'ulteriore parentesi su quanto e se sia possibile predicare l'assoluta individualità di una persona, la quale si forma in ciò che è anche - e forse soprattutto- attraverso il rapporto che ha con gli altri)...


Forse dico cose banali. Ma questa considerazione è nata nella mia testa pensando ad oggi, 19 febbraio, e a quello che significa per me, alla duplice importanza che riveste per la mia esistenza.
In questa data infatti vengono a collimare due eventi ampiamente significativi, anche se assolutamente non confrontabili: il 19 febbraio di ormai tanti anni fa (più di 20, per essere precisi) è nata mia sorella, e quindi oggi è il compleanno di mia sorella, e il primo pensiero che ho riguardo alla data odierna; ma il 19 febbraio di due anni fa ho anche conseguito il titolo di laurea specialistica, chiudendo la mia vita di studentessa ed entrando a pieno titolo nel mondo vero, con tutte le preoccupazioni che questo comporta.
E oggi più che altri giorni sono portata a fare un bilancio complessivo.
Perché due anni sono tanti ed in due anni qualcosa deve cambiare. E in un certo senso, per fortuna, qualcosa è cambiato.
C'è stata l'esperienza della Turchia che, bene o male, mi ha permesso di guardare il mondo da una prospettiva più ampia.
C'è stata l'esperienza, anch'essa forte, di andarmene di casa a condividere un appartamento con altre ragazze... pur non avendo ancora raggiunto l'autonomia economica...
C'è stata l'esperienza del Master che, pur proiettandomi ancora nel mondo studentesco, ne era in realtà estraneo.
C'è stata l'esperienza del seminario formativo all'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
C'è stato il bisogno di venire a capo, sempre e comunque, delle esigenze della vita, e di doverle affrontare praticamente da sola, o comunque non più supportata - o in ogni caso supportata meno di prima - dai miei genitori.
C'è stata la costruzione - non facile - di un rapporto bello con il mio ragazzo, che forse è una delle più belle conquiste dell'ultimo anno.
E' vero, non ho ancora un lavoro vero, e nemmeno uno falso ad essere sinceri - se si fa eccezione per le promozioni per cui ogni tanto sono contattata.
Ma dei cambiamenti ci sono stati, è indubbio... anche, spero, un po' nel mio modo di essere di pormi, di fronte agli altri e al mondo. A volte non c'è altro da fare che cambiare, anche solo per sopravvivere.
E ho scelto di omaggiare questo anniversario e questa duplice celebrazione (il compleanno di mia sorella e la laurea specialistica) con una crostata speciale, scoperta da poco e subito approntata... e finita in un batter d'occhio (ma la responsabile di questo, credetemi, non sono stata io ).
Avevo della cioccolata e una pera da usare. E nella migliore delle tradizioni ho pensato di farci un dolce. Anzi, una crostata.
Un po' banale, forse, ma ci è piaciuta tanto questa banalità!


Quando diciamo cose tipo 'Le persone non cambiano', facciamo impazzire gli scienziati. Perché il cambiamento è letteralmente l'unica costante di tutta la scienza, L'energia, la materia, cambiano continuamente, si trasformano, si fondono, crescono, muoiono. E il fatto che le persone cerchino di non cambiare è innaturale, il modo in cui ci aggrappiamo alle cose come erano invece di lasciarle essere ciò che sono, il modo in cui ci aggrappiamo ai vecchi ricordi invece di farcene dei nuovi, il modo in cui insistiamo a credere, malgrado tutte le indicazioni scientifiche, che nella vita tutto sia per sempre. Il cambiamento è costante. Come viviamo il cambiamento, questo dipende da noi. Possiamo sentirlo come una morte o possiamo sentirlo come una seconda occasione di vita.
(Grey's Anatomy, settima stagione) 


Crostata "sbriciolosa" di pere e cioccolato

La fonte è il blog di Mima Senza Sale in Zucca... anche se il risultato, come può emergere da un rapido confronto, è nettamente diverso. Ho cambiato un po' le dosi e le proporzioni della frolla e della crema... ma non per una scelta consapevole.
All'inizio infatti volevo dimezzare le dosi, ma nella preparazione della frolla ho finito per preparare la dose intera, con meno uova, meno burro e meno lievito. Per la crema ho dovuto semplicemente affidarmi a ciò che avevo in dispensa, che non corrispondeva a quanto richiesto da Mima. 
Il risultato è stato comunque ottimo, quindi ve lo propongo.



martedì 14 febbraio 2012

Ritorni improbabili in una data (altrettanto) improbabile: Giulia Dans Le Noir torna al suo blog con la sua raccolta da scaricare. E una ricetta della memoria, la pasta ai pomodori gratinati.

... Ed eccomi qua.
Ormai relegata nei ricordi di chi mi ha un po' seguita, un po' stimata, un po' disprezzata.
Ormai quasi avulsa dal mondo dei food-blogger, non me ne sono mai sentita in realtà veramente fuori.
E riprendere, dopo quasi un anno di silenzio, le briglie del mio Filosoficamente Sostenibile è sembrato quasi ovvio, quasi naturale. 


Che poi questo ritorno coincida con la festività di San Valentino è totalmente ininfluente, non foss'altro per la totale non importanza che attribuisco alla festività stessa, nata solo e unicamente a scopi commerciali... e, forse, con la sadica intenzione di far sentire inferiore chi, un'anima gemella, per caso il 14 febbraio non ce l'ha . E' anni ovviamente che non la vivo più così, e non solo perché da qualche tempo a questa parte l'"anima gemella" nella mia vita c'è..... Ma ricordo ancora le frustrazioni vissute in quel disgraziato periodo che è l'adolescenza, quando - per quanto non abbia mai sposato la festività degli innamorati - il 14 febbraio mi ricordava sempre, costantemente, la mia solitudine (... e non solo di coppia).
Adesso, e da un po', con la presunta "maturità" ,San Valentino riveste per me un'importanza pari quasi a zero. Si può essere innamorati ogni giorno dell'anno, e ogni giorno tenerci a festeggiarlo come un giorno speciale perché in compagnia di una persona speciale. Fare regali quando si vuole, solo perché lo si vuol fare e non perché ci si sente obbligati in nome di un santo che tanti miracoli avrà sì fatto, ma il cui collegamento con gli innamorati poco si intuisce. Festeggiato il 14 febbraio a Vico del Gargano, di cui è patrono, è stato eletto da chissà quale mass media a patrono anche degli innamorati... 
... Riesco a capire molte festività, da Natale a Pasqua alla festa della donna che ha comunque un significato storico-sociale. Ma il significato della festa degli innamorati non ce la fa proprio ad entrarmi in testa.


Ma adesso torniamo a noi, ché la parentesi su S. Valentino è stata inappropriata e fin troppo lunga. 
Filosoficamente Sostenibile torna a vita nuova. E spero a lungo di poter tornare a coltivarlo, a condividere con voi pensieri e ricette, ricordi, gioie, dolori.
Desidero ringraziare chi ogni tanto è tornato a visitarmi, chi mi ha lasciato dei commenti, chi ogni tanto si è ricordato di questo blog che da un bel po' taceva... perché l'idea di non esser stati dimenticati, di godere ancora un po' di considerazione, è davvero confortante per ogni vanità umana. E anche per me, in quanto umana e vogliosa di considerazione.
Come primo passo del mio nuovo ritorno alla vita di blogger, è necessario, quasi dovuto, che chiuda la questione della mia raccolta, 'Madeleines mon amour'. La partecipazione è stata ampia, comunque più di quella che immaginavo... ed era giusto che fornissi ai partecipanti la raccolta scaricabile in formato .pdf.
Partecipanti e non, potete accedervi cliccando al link qua sotto proposto:





E' stata la mia prima raccolta e la prima volta che converto un file .doc in .pdf... quindi perdonate gli eventuali errori o storture grafiche.


Ed è di mèmoire che si occupa la ricetta con cui apro nuovamente il mio blog. 'Madeleines mon amour' giocava tutta sulla convinzione che esistano piatti che sono veicoli, tramiti, collegamenti. Piatti che rimandando ad un episodio, ad un ricordo, un'emozione, un odore, un rumore, una voce.
E questo primo piatto decisamente fuori stagione (me ne scuso sinceramente, perché sarebbe mia intenzione pubblicare solo piatti di stagione.... ma garantisco di aver fatto questa ricetta nel periodo in cui i pomodori erano ancora di stagione) mi getta indietro nel tempo, verso una sera di fine luglio a Verona.
Io e il mio ragazzo ci eravamo seduti in un ristorante consigliatoci dal proprietario del bed&breakfast dove alloggiavamo; entrambi scegliemmo lo stesso piatto, questo che vado a proporvi.
Mesi dopo - era settembre -ho provato a ripeterlo, ed è uscita questa meraviglia, che mi ricorda il week end veronese e le sue bellezze, più ancora che le cose che sono andate storte (in ogni soggiorno, si sa, ci sono cose che vanno meravigliosamente ma anche elementi non perfetti e non meravigliosi). Mi ricorda lo stupore nello scoprire una città così piena di splendori, come non credevo potesse essere: prima di quest’estate, infatti, non avevo mai considerato Verona una città anche solo un minimo da prendere in considerazione.
Che errore che avevo fatto!

Il mio ragazzo ed io siamo approdati a Verona richiamati dall’Arena e dalla lirica, ma più bella ancora dell’opera che abbiamo visto (“Il barbiere di Siviglia” di Rossini) è stata la città, Verona, con i suoi monumenti, i suoi spazi, la sua aria, la sua storia.
Questo è il piatto di Verona, ma è anche un piatto che ricorda, più di altri nella mia vita, un sentimento. E’ l’unico piatto che sento veramente condiviso con un’altra persona perché l’abbiamo scoperto e ri-scoperto insieme. Non è il mio piatto, questo è il nostro piatto, mio e del ragazzo con cui attualmente divido l’esistenza (ed in questo senso, nemmeno a farlo apposta, è maledettamente e disgraziatamente coerente con la festività attuale)
Mi ricorda lo sforzo di conoscere e conoscerci, di scendere a compromessi, di superare i limiti individuali.
Anche se scoperto a luglio, è il mio piatto della mèmoire, perché si aggrappa saldamente all’ultimo anno della mia vita, all’ultima più grande emozione del mio esistere.




Nella bella Verona s'apre la nostra scena,
dove fra due famiglie di pari nobilità
da un rancore antico s'arriva a una novella lotta.

(William Shakespeare: "Romeo e Giulietta")


Pasta ai pomodorini gratinati


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