In realtà, però, a voler essere sinceri, un po' me la sono voluta: dalla mattina del 16 ero consapevole che si trattava del WBD, ma mi sono peritata a pubblicare una qualsiasi ricetta "panosa", pur avendone archiviate, perché ogni post che pubblico richiede per me giorni di gestazione mentale, di organizzazione grafica (ovverosia la preparazione delle fotografie), di ripensamenti e di prove, e improvvisarne uno sabato avrebbe restituito una pubblicazione parziale, incompleta, che mi avrebbe lasciato insoddisfatta. E poi avevo ancora in testa l'aggiornamento su e della Turchia, aggiornamento che non posso e non devo rimandare.
Fatte queste scuse inutili e non richieste (excusatio non petita, accusatio manifesta, come si dice... anche se non so quale accusatio dovrei muovermi per perdere mezza pagina a spiegare il perché non ho partecipato al WBD, nemmeno qualcuno me l'avesse chiesto poi ), è tempo di agire e di continuare l'aggiornamento turco.
La Turchia mi manca. Non credevo fosse possibile che un posto ti si conficcasse così a fondo nel cuore , nonostante la mia permanenza lì sia stata relativamente breve, e nonostante il mio "processo di attaccamento" si sia sviluppato in un tempo ancora più breve. All'inizio il contesto in cui lavoravo mi era insofferente, per diventarmi indifferente (come ho detto nel post precedente: anche se non volevo più tornare a casa, la nostalgia non mi assillava più e molti malumori erano scomparsi, non provavo alcuna emozione particolare per il paese che mi ospitava); solo alla fine - nell'ultimo mese, più o meno, per essere precisi, secondo una specie di curva ascendente anche all'interno del mese stesso - ho sviluppato verso la realtà turca, verso la sua storia, la sua musica, le sue contraddizioni, persino verso la sua gente, un forte legame emozionale, un apprezzamento di tutte queste cose (realtà, storia, musica, contraddizioni etc)... questo, forse, anche per il fatto che si avvicinava il momento in cui me ne sarei dovuta tornare in Italia, momento che all'inizio mi sembrava tanto lontano.
Avete notato come spesso le cose si apprezzano in maniera diversa, con una diversa intensità e un diverso approccio, per il fatto che si sa che presto avranno termine o che la vita cambierà in maniera così radicale da impedire di esperirle ancora?
Un ragazzo che conosco mi fece questa osservazione citando a proposito "Jack Frusciante è uscito dal gruppo"... e mai come nella mia esperienza turca ne ho avuto un sentore tanto acceso.
Fin da subito, però, della Turchia (o di quella parte che ho toccato io), mi ha stupito il forte senso di ospitalità che coinvolge e accoglie tutti, che tu sia turista oppure no... ed io indubbiamente non ero una turista . Al di là della loro attitudine "turcocentrica" (di cui era indice lo stupore mostrato da molti alla notizia che tu, stolta europea italianofila, non conoscevi il turco ma l'inglese) e del loro considerare la Turchia l'ombelico del mondo, dava una sensazione calda il sentirsi accolti, considerati come ospiti non sgraditi ma da onorare con offerte (di bevanda o di cibarie) che mostrasse il piacere, o il sentire, che avevano di interagire con te; il volerti fare comunque e sempre sentire a casa, anche in occasioni in cui la vera conversazione era impossibile perché l'interlocutore non sapeva l'inglese e io non sapevo il turco.
Racconto sempre, a proposito, un episodio che tra l'altro risulta adattissimo al contesto di questo blog anche per l'elemento culinario che vi compare: un lunedì mattina, alle 6 e 30, dovetti accompagnare due ospiti in aeroporto. Dopo i soliti convenevoli e le usuali presentazioni con l'autista [presentazione che usualmente (tranne per gli ultimi due trasnfert in cui gli autisti masticavano curiosamente un po' di inglese) si svolgeva in questo modo: con lui che mi diceva (in turco) qualcosa che penso volesse dire "io non parlo l'inglese" ed io che replicavo (in inglese o in italiano, tanto l'incapacità dell'altro di comprendermi era la medesima), "no turkish/no turco"] il viaggio era proseguito senza inceppi e senza problemi. Al ritorno l'autista si è fermato davanti ad un panettiere e mi ha detto qualcosa che ho interpretato (oh grandi capacità di interpretazione che ho sviluppato a Bodrum!) come "torno subito"; ha preso del pane e dei dolcetti per la colazione della famiglia (perché, a quel punto, si era effettivamente fatta ora di colazione) e, salito in macchina, mi ha offerto con gentilezza una grossa ciambella tempestata di semi di sesamo. Cose mangerecce turche che fino ad allora non avevo mai visto. Non era bello rifiutare e lo stomaco un po' mi brontolava, così ho detto con un sorriso sincero e stupito "teşekkürler" (cioè "grazie", termine che ho imparato quasi subito e che ho usato in più occasioni) e ho mangiato la ciambella.
E già questo mi ha stupito: tu, guidatore turco che non parli inglese, offri una ciambella (in un certo senso, la colazione) a me, ragazza italiana che non parla turco e che conosci da più o meno quaranta minuti! offerta fatta evidentemente, tra l'altro, senza secondi fini.
Poco dopo essere ripartiti ha svoltato a destra, scusandosi con i gesti e con le parole, ed è passato da casa a lasciare ciò che aveva comprato (esclusa la mia ciambella )... la casa, o meglio tre baracchette di cemento immerse nel verde, sui lati della strada, con le galline che zampettavano ovunque. Una dimora che evocava povertà ma non miseria.
E mi sono sentita contrarre lo stomaco nel constatare come una persona che certo non navigava nell'oro non si fosse peritato ad offrire a me, perfetta sconosciuta, qualcosa che poteva usare in altro modo, per se stesso e per i suoi familiari; così diverso dai turchi benestanti del resort dove lavoravo che, invece, sprecavano così tanto, riempiendosi i piatti di ogni ben di Dio e lasciando quasi tutto di quel che prendevano!
E le offerte (di frutta e biscotti) fattemi dai camerieri, una volta che mi conoscevano di più; gli innumerevoli té che mi sono stati offerti; le colazioni spesso divise; quella gentilezza a volte strana, inusuale, ma che scaldava il cuore.
Uno squarcio (mal fotografato) della dimora dell'autista che mi ha offerto la ciambella |
I turchi sono patriottici e nazionalisti fino alla nausea, è vero; molti sono chiusi nella loro "turchitudine" in maniera a volte irritante, dando per scontato che tutti conoscono il turco, le tradizioni turche, la storia turca etc*... ma la loro propensione all'ospitalità, all'offerta, al loro volerti far sentire nella loro turca casa, alla fine ha riuscito a compensare la loro mentalità turcocentrica... alla fine, dico, perché nei primi tempi - quando ancora non conoscevo molte cose - questa mentalità mi irritava in maniera bruciante.
Mi manca ancora la Turchia, col suo calore, con la sua capacità di darmi una collocazione e uno scopo che qui, adesso, per ora, non ho. Mi manca anche il sentirmi tartassare le orecchie da quella bizzarra lingua che è il turco e che ho alla fine finito per sentire come "familiare", quasi di conforto e di "casa"; mi manca il non aver potuto scoprire di più di una terra così contraddittoria e così lontana dalle nostre sensibilità "occidentalizzate", nel suo essere a metà tra Oriente e Occidente, tra modernità e tradizione.
Nei mesi della Turchia mi sono scontrata con quello che sono, con i miei innumerevoli difetti e atteggiamenti "sbagliati"... e dopo una fase di latenza abbastanza lunga (nei termini relativi in cui 3 mesi equivale all'eternità) in cui mi scontravo continuamente con quello che sono - che ero, amerei poter dire - stavo cominciando ad elaborare un compromesso con me stessa, intervenendo un po' in ciò che potevo, accettando il resto. E mi si stringe il cuore nel constatare che qua - nel contesto in cui sono - non riesco a continuare questo processo...
E mi si stringe ugualmente il cuore quando mi mancano certi sapori mediorientali che qui non riesco perfettamente a riprodurre. Introduco così la sezione di rimembranza culinaria, in cui cercherò di esporre alla bell'e meglio la cucina turca, quanto meno nella misura in cui ho potuto.
Le fotografie con cui corredo l'angolo culinario sono per lo più esportate da vari siti, cui ovviamente rimando... infatti sia la macchina fotografica che il cellulare (che ultimamente avevo eletto a macchina fotografica ufficiale) hanno smesso di funzionare a fine luglio, quando l'idea di fotografare i vari piatti mangerecci non mi aveva ancora sfiorato. Il desiderio di immortalare le pietanze mi è giunto troppo tardi, quando già la tecnologia mi aveva abbandonato . Per mettere in misura maggiore a contatto, almeno un minimo, con la cultura gastronomica con cui sono entrata in contatto ho pubblicato foto "prese in prestito" dal web, anche se nessuna foto rende il clima, gli odori, le luci e l'atmosfera che accompagnavano il semplice gustare; anche se questo fattore, lo so bene, vale per ogni preparazione culinaria, quale che sia la sua provenienza geografico-culturale...
*tendiamo tutti in realtà sclerotizzarci in ciò che ci è più familiare e tipico e che in quanto tale ci suona come "giusto" e "normale". In Turchia però c'era una recrudescenza forte di questa sclerotizzazione, una chiusura mentale molto più diffusa e marcata e che mi ha stupito... nonostante mi renda conto che anche nella nostra lieta Italia di certe chiuse sclerotizzazioni non ne mancano.
Il culinario angolo turco
La cucina turca è giudicata una delle più ricche e raffinate del Mediterraneo. Io non mi intendo di raffinatezze ma ho apprezzato la cucina turca - kebap a parte - per la gran varietà dei suoi piatti, per il grande uso delle verdure cucinate in diverse modalità, per l'uso delle spezie. Non mi hanno fatto impazzire, in realtà, i dolci della tradizione turca che, come quelli greci [esiste una rivalità di fondo, storica e concettuale, tra turchi e greci. Molte sono le abitudini, le tradizioni, i piatti simili, ma guai a farlo notare! si tratta di una di quelle evidenze negate sia da una parte che dall'altra ], sono necessariamente e eccessivamente dolci.