"Perché una realtà non ci fu data e non c'è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile"

(Luigi Pirandello)

giovedì 27 gennaio 2011

La metafisica del ciclista e gli ibridi natalizi, i miei sfizietti salati di pasta sfoglia: i cornetti con wurstel di tofu e i saccottini con carote e formaggio

Esattamente un mese di silenzio stampa senza neppure chiedere scusa... L'ho pensato, spesso, alle scuse da farvi, alle cose da dire, agli interventi da fare. Siamo già al 29 gennaio 2011... l'anno è iniziato da così tanto tempo che notarlo non ha più niente di sensazionale, l'Italia continua ad andare a rotoli (sempre di più, my friends, sempre di più...  Non oso pensare dove e come andremo a finire, se il trend si mantiene questo), il tempo è incerto, instabile, indubbiamente invernale, gli studi proseguono e la mia vita di non-più-neo-ragazza-che-vive-nelle-incertezze-economiche-fuori-dalla-casa-paterna prosegue con alti e bassi. Se riesco a distaccarmi dalla situazione più strettamente nazionale e globale, non va nemmeno troppo male. Mi sento sempre più me stessa, sempre che questa entità ("me stessa") esista davvero in misura più o meno stabile. Non so se questo è dovuto al mio trasferimento nella nuova città non-nuova: dico così perché non è per me un contesto interamente nuovo, avendoci studiato per i quasi 5 anni della laurea e avendo lì quasi tutti i miei amici; ma è nuovo il nuovo contesto in cui agisco, un contesto in cui ci sono io alle prese con me stessa e con tutti i piccoli problemi quotidiani.
Il trasferimento ha significato, tra le altre cose, un mio salire di nuovo in sella. Non in sella a un prode stallone nero, ovviamente, ma della mia fedele bicicletta che avevo abbandonato all'età di 12 anni. Per fortuna trattasi di una bicicletta per adulti (ai bei tempi andati ero fiera di usarla perché mi faceva sentire "grande") e con una rapida revisione e una bella pulita è tornata in forma e pienamente funzionante.
Ogni qual volta mi sposti, ormai, lo faccio quasi unicamente in sella alla bicicletta: non ho qui la macchina e l'uso della bicicletta mi fa risparmiare un sacco di tempo rispetto all'andare a piedi. E mi trasmette la favolosa ebbrezza di assaporare la duplice natura del ciclista.
Quasi fin da subito è una cosa che mi è saltata all'occhio: l'essere ciclista, o forse è meglio dire andare in bicicletta, significa indossare di volta in volta, a seconda della situazione, una veste diversa, di essere "due in uno", se così si può dire .
Il ciclista sta sulla strada, segue le macchine, deve rispettare le regole stradali che valgono per le vetture a motore; ma il ciclista può indossare anche, a volte, l'abito del pedone, attraversando sulle strisce pedonali, incuneandosi in anfratti in un modo che a nessun mezzo motorizzato è consentito fare. Se a volte va "in controsenso", la cosa non è così scandalosa come per un automobilista o una persona in motocicletta, così com'è per il pedone.
Il ciclista si comporta come un guidatore di vettura, a volte, ma è fragile quanto un pedone e deve fare più attenzione a molte manovre. Il ciclista assapora la gioia del poter affrontare un incrocio al pari di una macchina e di poter passare su piste ciclabili situate in strade che hanno il divieto di accesso, di poter percorrere i marciapiedi ampi (non fatelo su quelli stretti, rischiate di fare incidenti com'è accaduto alla sottoscritta! ) a fianco di ignari pedoni, di rispettare il semaforo che regola il percorso delle vetture o quello che regola il passaggio dei pedoni. Andare in bicicletta consente di capire le virtù e i vizi di entrambe le nature, dell'essere automobilista e dell'essere pedone: di gustarne i punti di forza, certo, di approfittare di entrambi, ma anche di testarne le debolezze.
Andare in bicicletta mi ha permesso di prendere coscienza dei diritti e dei doveri degli uni e degli altri, delle accortezze, delle necessità che comporta l'essere l'uno o l'altro. Forse è così per ogni cosa che partecipa di due nature, che in sé le assimila entrambe: adottando sia l'una che l'altra prospettiva può assaporarle entrambe, con ciò che hanno di buono e di cattivo. L'ibrido che partecipa di due diverse prospettive può vederle, sentirle, assimilarle tutte e due avendo però, più di altri, la possibilità di mantenervi una distanza, di lanciarvi - pur essendovi dentro - uno sguardo critico; gli è più facile, da un certo punto di vista, capire l'altro, il diverso, perché l'ibrido è in se stesso due cose e capisce entrambe.
Ogni volta che salgo in sella (alla bicicletta )  a volte è questo il pensiero che mi attraversa: che questo mezzo a due ruote mi permette di vivere temporaneamente due nature, di indossare due abiti e di cercare di capirli entrambi e di perdonarli quando, poi, torno ad essere o l'uno (pedone) o l'altro (automobilista). E' una meravigliosa scuola di tolleranza.
Ed è questa stessa duttilità, questa duplicità di sguardo, questa capacità di guardare e di essere alternativamente due prospettive diverse, che ritrovo in un ingrediente come la pasta sfoglia, capace di essere e di offrire possibilità sia come dolce che come salato. L'ibridismo in realtà forse è più comune negli alimenti che nelle persone o nelle cose viventi: si pensi alle possibilità sia dolci che salate spalancateci da ingredienti come la ricotta, il tofu, la barbabietola (a questo proposito mi permetto narcisisticamente di autocitare una ricetta fatta da me medesima, la torta di cioccolato e barbabietole ), per citarne alcuni che ho usato sia in versioni dolci che in versioni salate. Ma ragionando sull'ibridismo e sulla capacità di indossare due prospettive il mio pensiero è andato subito alla pasta sfoglia, ottima sia per preparazioni dolci (usata per dolcetti o come base di dolci più complessi) che per invenzioni salate (come base per le torte salate, ad esempio).
In questa invenzione che vado a proporvi, in realtà, la pasta sfoglia (o meglio, una sua facile emulazione), conserva in pieno la sua duplicità, divenendo del tutto dipendente dal ripieno che si sceglie di darle: io per ora l'ho usata (e credo continuerò ad usarla) comunque solo per preparazioni salate, anche perché non so effettivamente se e come renderebbe in caso di "dolce ripieno". In origine questa era una ricetta - non ricetta, perché dava più che altro un'idea di stuzzichini salati con pasta sfoglia, wurstel di tofu, carote e formaggio; poi ho scoperto su Il Ricettario di Bianca i fagottini e cornetti di ricotta e questa è divenuta a tutti gli effetti una ricetta. Per le composizioni degli stuzzichini, mi sono rifatta sia ai suggerimenti dati da Bianca nella ricetta stessa dei fagottini che ad un suggerimento di mia madre che ad un'ispirazione che mi è venuta sbirciando questo video su You Tube.
Gli stuzzichini che vi propongo hanno la forma di fagottini sia triangolari che rettangolari e di sfiziosi cornetti: ottimi e simpaticissimi per un aperitivo o per un antipasto veloce, gustosi e gradevoli, sono stati una scoperta natalizia (come accenno nel titolo) che ho proposto al party di fine corso di fotografia. E adesso li propongo a voi .


Io credo proprio che il mio destino profondo [...] sia l'ibridismo, la
spaccatura. Italiano, ma ebreo. Chimico, ma scrittore. Deportato, ma non
tanto (o non sempre) disposto al lamento e alla querela.
(Primo Levi: lettera a Giovanni Tesio, 1981) 


Stuzzichini di pasta di ricotta: mini-cornetti con wurstel di tofu, fagottini con carote e formaggio

Job Posting

LinkWithin

Related Posts with Thumbnails